Come ben
sappiamo, la NASA sta preparando il suo ritorno sulla Luna, cosa che
dovrebbe avvenire fra il 2020 e il 2030. Capita però che ad ogni cambio
di presidente USA le priorità cambino a loro volta, ed ecco che ora non
sembra più così scontato rispettare i tempi e la destinazione, tanto che
si fa strada una nuova frontiera da conquistare, quella degli asteroidi.
Tornare sulla Luna potrebbe non essere così semplice né così
conveniente, ed ecco spuntare l’idea di utilizzare le stesse caspule
Orion, destinate allo sbarco lunare, per portare astronauti a calpestare
la superficie polverosa di qualche asteroide. Nella fattispecie, si
tratterebbe di mandare in orbita terrestre due capsule Orion, le quali,
dopo avere rifornito la stazione spaziale internazionale di materiali
vari, verrebbero unite a formare un'unica astronave, in grado a quel
punto di fornire tutto il necessario ai suoi occupanti per un viaggio
complessivo di qualche settimana, il tempo per andare e tornare da un
obiettivo, un asteroide appunto, distante 1-3 milioni di km. Questa
capacità potrebbe essere inoltre sfruttata in futuro per fare
manutenzione ai telescopi spaziali posti nei punti lagrangiani, come ad
esempio il telescopio Webb, attualmente in fase di realizzazione.
Il tutto è stato ufficialmente presentato il mese scorso, a Denver,
attraverso un video della Lockheed Martin Space Systems (la società
incaricata della costruzione delle capsule), che mostra una coppia di
Orion “unite per la punta” orbitanti attorno a un asteroide, mentre gli
astronauti ne esplorano la superficie.
Come alternativa alla riconquista della Luna lascia un po’ perplessi, ma
non si può negare che un piccolo asteroide, di quelli che giungono
relativamente vicini alla Terra, offre un grande vantaggio: non serve
alcun modulo di discesa né di risalita per arrivare a “piantarci sopra
la bandierina”. La sua debolissima forza di gravità permette infatti di
abbordarlo con una semplice passeggiata spaziale e per tornare
sull’astronave basta un salto, o quasi. L’utilità scientifica
dell’iniziativa starebbe invece nel fatto di poter meglio conoscere la
costituzione degli asteroidi vicini e quindi di poterci meglio difendere
qualora divenissero una minaccia per il nostro pianeta. Un’utilità che
non convince del tutto, a dire il vero, intanto perché gli asteroidi che
sarebbero visitati hanno orbite ben definite e stabili sul lunghissimo
periodo, e da quelli non dobbiamo temere nulla, e poi perché eventuali
nuovi venuti, quelli sì minacciosi, potrebbero avere una costituzione
diversa. Inoltre, e non è poca cosa, per raggiungere un asteroide a 1-3
milioni di km con una traiettoria utile per un’immissione in orbita, di
strada bisogna farne parecchia e la cosa potrebbe non essere così
semplice come è stata presentata. Ma anche ammettendo che tutto sia
fattibile e che si faccia, quanti asteroidi vogliamo visitare? Già oggi
conosciamo decisamente bene una dozzina fra asteroidi e nuclei cometari.
Non sarebbe meglio guardare oltre?
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