Nello zoo degli oggetti astrofisici si affaccia un nuovo oggetto: la
stella elettrodebole. E' questo il termine utilizzato da un team di
ricercatori guidati da
Glenn Starkman, professore di
Fisica alla Case Western Reserve University, per definire un particolare
stadio di transizione che una stella massiccia oltre due volte il Sole
può attraversare prima di trasformarsi in un buco nero al termine della
sua esistenza. Un'accurata descrizione teorica della struttura delle
stelle elettrodeboli è contenuta in un lavoro, sottoposto dal gruppo di
Starkman alla Physical Review Letters,
nel quale si afferma che nel momento in cui una stella massiccia prende
a collassare verso lo stadio di buco nero, infrangendo dunque la
resistenza opposta dalla pressione dei neutroni ormai schiacciati gli
uni contro gli altri, raggiunge una soglia in cui i quark, liberati
dalla rottura dei neutroni e rappresentanti di una delle due famiglie di
particelle elementari che compongono tutta la materia, iniziano a
convertirsi in leptoni, l'altra famiglia di particelle che forma la
materia e che include elettroni e neutrini. La capacità di questi ultimi
di trasportare energia è maggiore rispetto a quella delle particelle
originarie e accade così che nel nucleo del costituendo buco nero si
genera un nuovo tipo di pressione che sostituisce quella tipica della
nucleosintesi che alimenta le stelle durante la loro vita. Il collasso
stellare pertanto si ferma e questa fase può durare anche più di 10
milioni di anni, dopo di che, se nel frattempo l'astro non è riuscito a
perdere sufficiente massa proprio attraverso la nuova forma di
radiazione, il collasso riprenderà rapidamente fino alla creazione di un
buco nero. Stante il lungo periodo della fase di stella elettrodebole e
considerando che elettroni e neutrini trasportano una quantità di
energia misurabile, Starkman e colleghi ipotizzano la possibilità di
rivelare questo particolare tipo di stelle, anche se distinguerle
chiaramente da altri oggetti non sarà facile. La sfida è lanciata. |