Le nane brune sono stelle mancate


C’è voluto oltre un anno di osservazioni attraverso più strumenti, ma alla fine un team di astronomi guidati dallo spagnolo David Barrado, del Centro di Astrobiología di Madrid, ha dipanato la matassa: le nane brune non sono super pianeti ma vere e proprie stelle mancate. Prima di entrare nel merito della scoperta è utile ricordare che le nane brune si conoscono solo da 14 anni (la prima scoperta è del 1995, oggi se ne contano un centinaio) e appaiono come oggetti con temperatura e luminosità molto inferiori a quelle tipiche di una stella, ma con una massa decisamente più elevata di un pianeta. Una massa che comunque non è sufficiente a generare la pressione necessaria nel nucleo all’accensione delle reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno in elio. Il problema che si pone è: le nane brune si formano come normali stelle oppure secondo il processo di accrescimento planetario? Lo studio di questi oggetti è intrinsecamente difficile: sono molto deboli e dalla rapida evoluzione, per cui scoprirne qualcuno nei primi stadi di formazione non è affatto semplice. L’impresa è però riuscita a Barrado, che ha osservato una “protonana bruna” nascosta in Barnard 213, una nebulosa scura nella regione del Toro-Auriga, nota agli astronomi per la presenza di molte stelle in formazione. Ebbene, in questa regione è stato individuato un bozzolo gassoso in cui si stanno formando due oggetti che il telescopio infrarosso Spitzer aveva osservato già nel 2005. I due oggetti, chiamati SSTB213 e J041757, sono stati successivamente osservati anche da terra con gli strumenti più potenti disponibili (Caltech Submillimeter Observatory nelle Hawaii, Calar Alto Observatory in Spagna, Very Large Telescopes in Cile e Very Large Array nel Nuovo Messico). SSTB213 e J041757 sono attualmente i più deboli e freddi oggetti finora osservati ma, grazie allo studio della radiazione infrarossa, è appurato che si tratta di protostelle in formazione il cui destino è quello di diventare delle fredde nane brune.


Credit: Spitzer Science Center
 
    
Autore: Francesco Oldani