Le stelle giganti
potrebbero nascere anche all'interno di piccoli ammassi formati dalla
contrazione gravitazionale di nubi gassose non particolarmente vaste.
Questa è la conclusione (pubblicata su The Astrophysical Journal il 20
dicembre) a cui sono giunti Joel Lamb e Sally Oey,
del Dipartimento di Astronomia dell'Università del Michigan, al temine
di uno studio condotto con il telescopio spaziale Hubble su 8 stelle
giganti, grandi da 20 a 150 volte il Sole e appartenenti alla Piccola
Nube di Magellano.
L'idea generalmente più condivisa è quella secondo la quale sono le nubi
di gas più massicce a dar vita ad ammassi stellari abbastanza grandi da
poter ospitare al loro interno delle stelle giganti. Se la nebulosa di
partenza ha dimensioni modeste, può dar vita a poche stelle taglia
solare e anche meno, ma non a giganti blu. Questo, almeno, è ciò che si
credeva.
Ma le stelle esaminate da Lamb e Oey sono risultate appartenere in tre
casi ad ammassi piccolissimi, con una decina di componenti o anche meno,
e nei rimanenti cinque casi essere del tutto isolate. Due di queste
appartengono tuttavia alla categoria delle stelle fuggitive, e pertanto
non si può escludere che provengano da un ammasso di grandi dimensioni
abbandonato da lungo tempo.
Attorno alle rimanenti è però possibile ancora oggi individuare i
residui della nebulosa da cui sono nate e quindi la loro collocazione è
certa.
Benché la casistica appaia molto limitata, l'argomento è decisamente
intrigante perché le stelle giganti condizionano l'evoluzione della
galassia in cui nascono, sia attraverso venti impetuosi e radiazione
ultravioletta, capaci di stravolgere altre nebulosità, innescando o
complicando la nascita di altre stelle, sia quando terminano la loro
esistenza esplodendo come supernovae e riversando nello spazio
circostante enormi quantità di elementi pesanti, necessari alla
formazione dei pianeti e alla nascita della vita. |