3 Nov. 2010

 

Colpi di calore nel giovane universo

 

L'idea di un universo con una temperatura che decresce costantemente e uniformemente via via che invecchia e che quindi aumenta le proprie dimensioni non si adatta con la recente scoperta di un lungo periodo in cui la temperatura è invece aumentata, come dimostra uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori guidato da George Becker, della University of Cambridge.
Il periodo interessato da un'inversione delle temperature risulta essere iniziato circa 1 miliardo di anni dopo il Big Bang ed essere proseguito per altri 2,5 miliardi di anni. Osservando una serie di quasar in quelle remote epoche con il telescopio Keck di 10 metri delle Hawaii, Becker e colleghi hanno trovato nella luce di quegli oggetti tracce sovrapposte di elio insolitamente caldo, riunito in vastissime nubi intergalattiche.
In quel giovane universo l'elio libero era abbondantissimo (così come l'idrogeno) e veniva ionizzato dalla radiazione ultravioletta dei quasar generati dai buchi neri supermassicci nati al centro delle prime galassie. Gli elettroni liberati dai fotoni UV collidevano con altri atomi, dando come risultato finale l'innalzamento delle temperature.
Nel caso di nubi di elio interposte fra noi e i quasar, negli spettri di questi ultimi appaiono evidenti le tracce lasciate dall'elio, e a seconda delle loro caratteristiche è possibile stabilire diverse proprietà del gas, come la temperatura, la distanza, la presenza di elementi più pesanti.
La temperatura, in particolare, è risultata accresciuta da circa 8000°C a circa 12000°C nel periodo considerato (da 1 a 3,5 miliardi di anni dopo il Big Bang), un dato che unito ad altri già noti, e legati anch'essi al riscaldamento dell'universo in varie epoche, conferma il peso delle prime grandi strutture nella futura evoluzione dell'universo stesso.
I dettagli del lavoro del team di Becker saranno prossimamente pubblicati sul Monthly Notices della Royal Astronomical Society.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: University of Cambridge, Amanda Smith/IoA