E'
sbucata quasi all'improvviso dalla nebbia di fotoni ultraenergetici che
permea la nostra galassia una gigantesca struttura costituita da due
bolle di radiazione gamma disposte una a nord e una sud della regione
centrale del piano galattico.
Che qualcosa di eccezionale dovesse esistere in quella posizione lo si
era già sospettato in passato a seguito dei rilevamenti effettuati dai
satelliti Roentgen (raggi X) e WMAP (onde radio), che avevano suggerito
la presenza di enormi bolle di radiazione appoggiate sul nucleo della
Galassia.
Ma la loro chiara identificazione è stata possibile solo ora e
attraverso il Fermi Gamma-ray Space Telescope della NASA (missione
partecipata da USA, Francia, Germania, Italia, Giappone e Svezia).
Grazie ai dati da esso raccolti e utilizzando raffinati modelli
sull'emissione diffusa della radiazione gamma attorno al nostro sistema
galattico, Doug Finkbeiner, astronomo dell'Harvard-Smithsonian Center
for Astrophysics, è riuscito nell'impresa di isolare dal rumore di fondo
il segnale raccolto da Fermi, evidenziando due bolle di emissione di
radiazione gamma, ampie addirittura 25mila anni luce ciascuna, che
coprono più della metà del cielo visibile, estendendosi dalla
costellazione della Vergine a quella della Gru.
Sebbene la loro origine non sia ancora certa, possono essere
essenzialmente due le cause capaci di produrre fotoni tanto energetici e
di creare la struttura che vediamo oggi: un periodo di elevata attività
del buco nero supermassiccio nascosto nel nucleo della Galassia, oppure
un'elevatissima formazione di stelle concentrata nelle regioni centrali.
In entrambi i casi il fenomeno potrebbe essere stato innescato
dall'assorbimento di una galassia nana.
Dal momento che Fermi esegue una scansione dell'intero cielo ogni tre
ore e poiché ogni scansione aggiunge nuove informazioni sulla
distribuzione della radiazione gamma, in un prossimo futuro avremo un
quadro ancora più dettagliato di questa sorprendente struttura a doppia
bolla.
I risultati del lavoro di Finkbeiner e del team di Fermi saranno
prossimamente pubblicati su The Astrophysical Journal. |