16 Nov. 2010

 

Baby buco nero in M100

 

Il 19 aprile del 1979 l'astrofilo Gus E. Johnson, di Swanton (Maryland), scopre una supernova nella galassia spirale M100. Dopo oltre 30 anni quella supernova torna a far parlare di sé, perché ci sono rilevanti probabilità che abbia dato origine al più giovane buco nero rilevato direttamente.
A questa conclusione sono giunti Daniel Patnaude, Abraham Loeb e Christine Jones, dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics in Cambridge (Massachusetts), esaminando i dati raccolti dai telescopi spaziali Chandra, Swift, XMM-Newton e ROSAT nel periodo compreso fra il 1995 e il 2007. La sorgente di radiazione X coincidente con il residuo della supernova si è mantenuta stabile nei 12 anni considerati e viene ritenuta compatibile con l'attività di un buco nero che si sta accrescendo risucchiando il materiale espulso nello spazio circostante dalla stella progenitrice, oppure strappando materia ad una possibile compagna.
In realtà sappiamo indirettamente dell'esistenza di numerosi altri buchi neri nati anche molto più recentemente (in termini di tempo terrestre), ma appartengono tutti a quella categoria che origina un lampo gamma (GRB) nel momento in cui la stella progenitrice collassa catastroficamente dopo essersi liberata dell'inviluppo esterno composto prevalentemente di idrogeno.
Nel caso in cui la stella non riesca ad espellere gli strati esterni prima dell'esplosione, il GRB non si verifica, ed è questa la tipologia più ricorrente, alla quale appartiene la SN 1979C. La relativa vicinanza di M100 (circa 50 milioni di anni luce) ha dunque offerto e continua ad offrire una ghiotta opportunità per studiare ciò che accade durante e dopo il collasso di una stella di circa 20 masse solari.
Opportunità per ora unica, purtroppo, perché scoprire un buco nero come quello lasciato dalla SN 1979C richiede decenni di osservazione del suo comportamento rispetto all'ambiente che lo circonda. E non possiamo ancora escludere del tutto che quella sorgente X sia in realtà una stella di neutroni che sta soffiando via il materiale residuo dell'esplosione. Un'alternativa che sembra meno probabile ma che lascia comunque qualche dubbio.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: X-ray (gold): NASA/CXC/SAO/D.Patnaude et al,
optical (RGB): ESO/VLT, infrared (red): NASA/JPL/Caltech