19 Nov. 2010

 

Meno stelle del previsto, ecco perché

 

Calcoli effettuati da Jan Pflamm-Altenburg e Pavel Kroupa, dell'Argelander-Institut für Astronomie (Università di Bonn), in collaborazione con Carsten Weidner della St. Andrews University (Scozia), dimostrano che nell'universo ci sono meno stelle di quanto finora creduto.
Lo studio ha avuto come base il conteggio delle singole stelle appartenenti alle galassie del Gruppo Locale, i cui membri principali sono la nostra galassia e M31 in Andromeda. Il totale delle stelle contate si ferma attorno ai 100 miliardi di unità, un numero irrisorio se si pensa che solo nella nostra galassia alcune stime lo superano abbondantemente.
Perché così poche? Semplicemente perché il numero è sempre stato sovrastimato, soprattutto se riferito alle epoche in cui la formazione stellare era ben superiore all'attuale tasso (circa 10 nuove stelle all'anno nella Galassia).
L'errore è consistito nel considerare fisso nel tempo il rapporto di 1 a 300 fra stelle giganti e stelle normali o nane che risulta dai conteggi diretti effettuati nell'ambito del Gruppo Locale. Considerando invece le dimensioni delle nebulose da cui nascono gli ammassi di stelle, le dimensioni medie di questi ultimi e la quantità di stelle che nelle varie epoche possono essersi formate al loro interno, Pflamm-Altenburg e colleghi hanno trovato che la densità stellare nelle epoche di massima formazione nel nostro sistema era talmente elevata che numerose stelle di taglia piccola potevano fondersi formando stelle giganti, abbassando di sei volte il rapporto di cui sopra (che diventa 1 a 50) e giustificando così l'attuale numero di stelle visibili.
Poiché osservando galassie anche molto più lontane di quelle appartenenti al Gruppo Locale è comunque possibile stimare la quantità di stelle giganti che contengono, se il rapporto con le stelle più piccole è universalmente 1 a 50 nelle fasi di maggiore produzione (non c'è motivo per ritenere che non sia così), allora il numero complessivo delle stelle di tutte le galassie esistenti assume valori più modesti di quanto ritenuto fino ad oggi.
Ciò ovviamente non cambia gli equilibri fisici e dinamici all'interno delle galassie, tutt'al più sposta parte del modesto "peso" attribuito finora alla materia visibile verso la già predominante componente rappresentata dalla materia oscura. I dettagli della ricerca sono attesi sul Monthly Notices della Royal Astronomical Society.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: University of Bonn, University of St. Andrews, CISCO, NAOJ