6 Apr. 2011

 

L'impronta delle supernovae oscure

 

Siamo abituati a pensare alle supernovae come a fenomeni tra i più luminosi dell'universo, esplosioni stellari visibili fino a miliardi di anni luce di distanza. Ma quasi incredibilmente, si stima che circa il 20% di tutte le supernovae siano assolutamente oscure, non riuscendo ad emettere la luce dell'esplosione a causa della rapidità del collasso e dell'altrettanto rapida formazione del buco nero che fagocita tutto ciò che apparteneva alla stella progenitrice, compresa la luce dell'esplosione.
Quindi, se le stime sono corrette, 1 supernova su 5 risulterebbe del tutto invisibile e se avessimo la possibilità di osservare una stella nell'istante del collasso, la vedremmo semplicemente sparire dal cielo.
C'è però forse una via, nemmeno tanto indiretta, per registrare quel tipo di "supernovae fallite". Un sottoprodotto di quelle esplosioni sono i neutrini, e anche se finora abbiamo un unico precedente di rilevazione di neutrini derivanti da una supernova, la 1987A della Grande Nube di Magellano, i modelli ci dicono che tutte le supernovae li producono, e in quantità maggiore al crescere della massa del progenitore.
I neutrini prodotti all'inizio del collasso riuscirebbero a sfuggire al nascente buco nero e potrebbero quindi segnalare all'esterno l'avvenuta esplosione stellare. Questa possibilità è stata presa in considerazione da Lili Yang (Arizona State University) e Cecilia Lunardini (Brookhaven National Laboratory) in un lavoro di prossima pubblicazione.
Le due ricercatrici calcolano che se oggi i rivelatori di neutrini consentono di rivelare solo 1-3 eventi neutrinici da supernovae galattiche o delle Nubi di Magellano nel corso di un secolo, i rivelatori della prossima generazione, circa 1000 volte più grandi secondo i progetti, potranno catturare neutrini di esplosioni avvenute fino a 13 milioni di anni luce di distanza, includendo quindi non solo M31 in Andromeda, ma anche diverse galassie con elevato tasso di formazione stellare e quindi con elevato tasso di supernovae.
Il maggior volume di universo "osservabile" porterà quindi all'identificazione dell'avvenuta esplosione o, meglio, implosione, di un certo numero di supernovae oscure
, forse una ogni 10 anni. L'energia dei loro neutrini (attorno a 56 MeV, contro i 33 MeV delle supernovae visibili) e la brevissima durata del flusso in transito (circa 1 secondo, contro circa i 10 secondi del restante 80% di eventi) permetterà di discriminare la loro reale provenienza.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: ASU, BNL, chandra.harvard.edu