8 Apr. 2011

 

Getto ritardatario in Herbig-Haro 34

 

Studi condotti con il telescopio spaziale Spitzer della NASA sull'oggetto Herbig-Haro 34 (materia espulsa da una stella "in fasce" situata nella costellazione di Orione), hanno messo in evidenza che le componenti di uno dei due getti di materia che lo caratterizzano sono state emesse con 4 anni e mezzo di ritardo rispetto a quelle dell'altro getto, pur essendo perfettamente speculari.
Un oggetto Herbig-Haro (dai cognomi dei due ricercatori che per primi li catalogarono) rappresenta una fase transiente della vita di una stella, in cui questa inizia a contrarsi, generando un disco di accrescimento e due getti simmetrici e opposti attraverso i quali espelle gas e polveri in eccesso. Il meccanismo che innesca l'espulsione non è chiaro, ma è probabilmente governato da onde sonore che si propagano dalla stella nascente al disco.
Finora si era creduto che la regione attorno alla stella interessata dalla formazione dei getti potesse essere ampia anche 30 unità astronomiche (la distanza Sole-Nettuno), ma nel caso di Herbig-Haro 34, conoscendo ora il ritardo dell'uscita delle componenti di un getto rispetto all'altro, la loro velocità di allontanamento dal bozzolo stellare e la velocità di propagazione tipica delle onde sonore in quella fase della vita stellare (attraversata anche dal nostro Sole), il team di ricercatori che si è occupato dello studio (fra i quali Alberto Noriega-Crespo of NASA's Spitzer Science Center at the California Institute of Technology in Pasadena) è giunto alla conclusione che i getti possono essere stati generati in una regione ampia solo 3 unità astronomiche.
Attualmente, quello di Herbig-Haro 34 è l'unico caso in cui un oggetto di questo tipo presenta una sfasatura temporale nell'emissione dei getti, una scoperta resa possibile unicamente dalla capacità di Spitzer di penetrare una spessa coltre nebulare, evidenziando così anche il secondo getto (immagine di destra, IR), mentre il primo era noto da tempo (immagine di sinistra, visibile).

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: NASA/JPL-Caltech