Decisamente sorprendenti le conclusioni di un articolo di prossima
pubblicazione su Astronomy & Astrophysics, a firma di Sean N. Raymond
e Philip J. Armitage (University of Colorado, Boulder) e di altri
ricercatori.
Considerando le caratteristiche fisico-dinamiche degli ormai
numerosissimi sistemi planetari ad oggi scoperti, e simulando sulla
base di ragionevoli supposizioni 152 possibili scenari evolutivi, il
team della UC Boulder ha evidenziato che alcune caratteristiche del
nostro sistema solare sono una vera rarità. In particolare il fatto
di avere ben 4 pianeti di tipo roccioso, con la contemporanea
presenza di 4 giganti gassosi, e il fatto di non avere un disco di
polveri sparpagliato attorno al Sole nella regione interna del
sistema stesso.
Dalle simulazioni effettuate è risultato evidente, se mai ce ne
fosse ancora bisogno, che all'interno di un sistema planetario la
presenza dei giganti gassosi è determinante nell'evoluzione dei
pianeti di tipo roccioso. Questi ultimi si aggregano essenzialmente
in prossimità della stella a partire dai materiali pesanti
(silicati, ferro, nichel etc.) lasciati sul posto dalla radiazione
stellare, che soffia via gran parte degli elementi più leggeri.
I giganti gassosi si accrescono invece oltre la cosiddetta "linea di
congelamento", dove i composti dell'idrogeno e dell'ossigeno, nonché
il metano e l'ammoniaca possono esistere allo stato solido (nel
nostro sistema solare quella linea si trova a 2,7 ua dal Sole, nel
mezzo della fascia degli asteroidi).
Come molto spesso sembra accadere, c'è una fase nell'evoluzione dei
sistemi planetari in cui i giganti gassosi, a seguito di reciproche
interazioni gravitazionali, possono o migrare su orbite stabili,
talvolta sensibilmente eccentriche, oppure finire con l'essere
espulsi dal sistema cui appartengono. Se queste migrazioni avvengono
prima che i pianeti rocciosi abbiano terminato la loro formazione
(operazione che richiede 10-100 milioni di anni), le perturbazioni
generate nelle regioni interne dei sistemi planetari sono più che
sufficienti a inibire la formazione e la crescita dei "fratelli
minori", gettando il caos fra i planetesimi in accrescimento.
Secondo Raymond e colleghi, solo il 40% dei sistemi riesce a
generare più di un pianeta roccioso, il 20% ne ha giusto uno, mentre
il restane 40% non ne ha proprio. Le simulazioni indicano inoltre
che dove sono presenti uno o più pianeti rocciosi non manca, anche
dopo di miliardi di anni, la presenza di abbondanti polveri
derivanti da residue collisioni fra piccoli planetesimi, fenomeno
che invece sembra essere quasi del tutto assente nel nostro sistema
solare, fatta salva la presenza di quel modesto quantitativo di
polvere interplanetaria che sta all'origine della luce zodiacale.
Fino a che punto queste differenze possono essere state fondamentali
nella comparsa della vita? |