Lo
strumento Helioseismic and Magnetic Imager (HMI) del
Solar Dynamics Observatory (SDO) ha consentito a un team di
ricercatori della University of Central Lancashire di seguire in un
periodo di diverse ore la nascita di una macchia solare con una ricchezza
di dettagli finora mai raggiunta.
E non ci riferiamo tanto alla risoluzione fotosferica della nuova
regione attiva, che già da parecchi decenni è molto elevata, quanto
all'emersione della componente magnetica che è all'origine di quella
regione. Come noto, le macchie solari, sia singole sia raccolte in
gruppi più o meno affollati, sono l'impronta più evidente di una
ramificazione del campo magnetico solare che emerge dalla fotosfera
e si innalza dentro e oltre la cromosfera, fino a raggiungere in
vari casi la corona.
L'SDO è in grado osservare tutti questi ambienti, e in particolare
cromosfera e corona, potendo rilevare temperature comprese fra i
50mila e i 10 milioni di gradi. Questa capacità ha consentito al
team sopra menzionato, guidato da Stephane Regnier, di seguire la
nascita e l'evoluzione di un gruppo di macchie dal livello
fotosferico alla corona, identificando il tubo di flusso magnetico
ad esso associato, riconoscendolo per il comportamento della materia
circostante.
La prima avvisaglia della comparsa della regione attiva studiata da
team britannico (tra la fine di maggio e l'inizio di giugno del
2010) è stata la comparsa di "chiazze" di polarità magnetica opposta
(bianco = polo positivo, nero = polo negativo) fra la granulazione,
su un'area ampia circa 7000 km.
Dopo 5 ore, l'area disturbata dal campo magnetico, ormai già ben
definito, si era estesa a 20mila km, valore coincidente con
l'estensione delle cosiddette celle di supergranulazione
(raggruppamenti di granuli), nel centro delle quali la convezione
del plasma verso la superficie è particolarmente efficiente.
Proprio nel centro di quel supergranulo ci si aspettava
l'apparizione del primo poro (piccola macchia senza penombra) e
invece con sorpresa la macchietta è apparsa su bordo del
supergranulo, fatto che complica ulteriormente i tentativi di
trovare un modello valido in grado di interpretare al meglio
l'emersione dalla fotosfera dei campi magnetici.
I risultati del lavoro di Regnier e colleghi sono stati presentati
ieri a Llandudno (Galles), in occasione del National Astronomy Meeting della
Royal Astronomical Society.
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