3 Ago 2011

 

Tempi duri per il mito di Nemesis

 

Quando nel 1984 i paleontologi David Raup e Jack Sepkoski annunciarono di aver individuato una periodicità di circa 26 milioni di anni nei 12 eventi di estinzione di massa avvenuti negli ultimi 250 milioni di anni, fu pubblicata praticamente in contemporanea da due team di astronomi anche la possibile spiegazione di quella periodicità: il Sole non è una stella singola, ma possiede invece una compagna oscura, denominata Nemesis, distante circa 1 anno luce, che quando percorre il tratto più interno della sua orbita perturba gravitazionalmente i nuclei cometari della Nube di Oort, sospingendone un gran numero nel sistema solare interno, dove alcuni, entro tempi relativamente brevi, si schiantano contro i pianeti, provocando nel caso della Terra le estinzioni di massa.
La prova di tutto ciò è data dalle età dei crateri da impatto lunari e terrestri, e dal loro apparente concentrarsi in periodi temporali corrispondenti alle estinzioni di massa.
Un'ipotesi tanto suggestiva quanto inquietante che però viene ora messa in discussione da un nuovo e statisticamente più accurato lavoro, pubblicato da Coryn Bailer-Jones, del Max Planck Institute for Astronomy, sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Con un'analisi statistica più sofisticata e critica, Bailer-Jones riesamina le età dei crateri trovando un risultato completamente diverso: non vi sono picchi di craterizzazione intervallati mediamente di 26 milioni di anni, bensì una leggera e costante tendenza all'aumento del ritmo di craterizzazione in quegli stessi ultimi 250 milioni di anni, fenomeno ancora tutto da spiegare.
Secondo Bailer-Jones, le conclusioni degli anni '80 erano state influenzate dalla stessa ipotesi di partenza, come dire che era stato dato involontariamente più peso agli aspetti della ricerca che potevano convalidare l'ipotesi stessa.
In realtà erano state intraprese anche altre vie, come quella di attribuire le periodiche estinzioni al moto del sistema solare sul piano galattico, e quindi all'incontro ravvicinato con altre stelle, ma non essendo questi eventi necessariamente periodici, e non essendo in realtà stato riscontrato ora alcun picco di craterizzazione, le estinzioni di massa possono essere spiegate con impatti casuali di asteroidi e comete. Questo non significa comunque che il Sole non abbia una compagna. Sarà l'analisi dei dati raccolti nell'ambito della missione WISE a dare una risposta forse definitiva.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: Max Planck Institute for Astronomy