22 Ago 2011

 

Meteo spaziale: un importante passo avanti

 

Ricercatori guidati da Craig DeForest, del Southwest Researcher Institute in Boulder, Colorado, hanno annunciato in una conferenza stampa della NASA di aver seguito per la prima volta l’intero percorso di una tempesta solare, dalla sua nascita come eiezione di massa coronale (CME, evento esplosivo associato ai brillamenti solari) fino all’impatto del flusso di particelle cariche con la magnetosfera terrestre.
Quella delle CME è una fenomenologia ben nota, ma finora era stato possibile seguirle direttamente solo nelle prime ore del loro sviluppo, quando il plasma eruttato dal Sole risulta sufficientemente denso e quindi luminoso da essere rilevato dai sensori fotografici. Dopo poche ore dall’eruzione, infatti, densità e luminosità sono tali da rendere invisibile il flusso, che alla distanza della Terra è trasparente quasi quanto il mezzo interplanetario.
In altre parole, pur sapendo che una tempesta solare sta per interessare il nostro pianeta, non era possibile prevederne l’inizio con un’incertezza inferiore alle 4 ore circa, un lasso di tempo eccessivo soprattutto nell’ambito della pianificazione delle attività orbitali degli astronauti.
Ma grazie alle immagini ottenuta da STEREO-A (una delle due sonde gemelle lanciate nel 2006 e destinate alla sorveglianza dell’attività solare), DeForest e colleghi hanno messo a punto una nuova tecnica che permette di seguire una CME dal suo emergere nell’atmosfera solare fino al suo arrivo dalle nostre parti.
Il primo risultato in tal senso è stato raggiunto attraverso le immagini d’archivio di un’eruzione del dicembre 2008, della quale è stato possibile realizzare un filmato di cui vediamo in alto alcune fasi salienti (l’intero filmato può essere visionato su http://svs.gsfc.nasa.gov/vis/a010000/a010800/ a010809/index.html). Attraverso il nuovo metodo è possibile anche determinare con elevata precisione la densità del flusso di particelle in arrivo dal Sole e quindi prevedere tempestivamente gli effetti che lo stesso può avere sulle nostre attività spaziali.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: NASA/SwRI