Una nuova scoperta fatta dal
rover marziano Opportunity, presentata pochi giorni fa da Steve Squyres
(Cornell University, Ithaca) all'American Geophysical Union's conference
di San Francisco, porta ulteriori prove a favore della presenza di acqua in
tempi remoti sul pianeta rosso.
La scoperta riguarda un filone di gesso (denominato Homestake e
visibile nella foto) individuato in una piccola area appartenente al
bordo del cratere Endeavour. E' largo da 1 a 2 cm, è lungo circa mezzo
metro e affiora chiaramente dalle polveri del suolo marziano.
Opportunity ha utilizzato il suo Microscopic Imager and Alpha Particle X-ray Spectrometer
per analizzare la composizione di quell'intrusione, trovando che è
composta di solfato di calcio idrato, ossia gesso, e che la sua
origine non può che essere dovuta all'azione dell'acqua.
Mentre sulla Terra il gesso è molto diffuso, su Marte lo si era in
precedenza individuato in una sola area, ma non è ancora chiaro come
quel giacimento possa essersi formato. Nel caso invece del filone
scoperto da Opportunity, è praticamente certo che la sua origine è
dovuta al
deposito di calcio disciolto in acqua e mischiato a zolfo
proveniente o dal dilavamento di rocce vulcaniche oppure da solfuri
gassosi rilasciati durante un'eruzione.
La fanghiglia risultante ha finito col riempire una crepa
sotterranea solidificandosi e trasformandosi nel gesso che oggi
possiamo osservare e analizzare. Già in passato Opportunity aveva
evidenziato composti chimici risultanti dall'azione dell'acqua, ma
sempre in ambienti acidi, mentre nel caso di Homestake le condizioni
ambientali che hanno portato alla sua formazione erano più neutre e
quindi più adatte ad eventuali forme di vita batterica. |