14 Dic 2011

 

Buchi neri supermassicci primordiali

 

Secondo il modello cosmologico standard, i buchi neri supermassicci presenti al centro della gran parte delle galassie crescono proporzionalmente alle galassie stesse. Di conseguenza, quando nel giovane universo, entro 1 miliardo di anni dal Big Bang, le galassie erano prevalentemente piccole, anche i buchi neri presenti nei loro nuclei dovevano essere molto più piccoli di quelli osservabili nell'universo temporalmente a noi più prossimo.
Invece non è così: i buchi neri supermassicci del giovanissimo universo, individuati attraverso la loro natura di quasar, risultano essere per lo più massicci tanto quanto i loro simili contemporanei, e ciò significa che devono essere cresciuti molto più rapidamente delle galassie che li ospitano.
Per capire quale processo è alla base della loro alimentazione, Tiziana Di Matteo, Rupert Croft e Nishikanta Khandai, della Carnegie Mellon University, hanno messo in piedi la più ampia simulazione di cosmologia al computer mai vista finora, sia per quanto riguarda il volume considerato sia per quanto riguarda il tempo. In pratica è la ricreazione dell'universo quando aveva un'età inferiore a 1 miliardo di anni, sulla base del modello standard.
L'obiettivo era quello di trovare riscontri a risultati osservativi della Sloan Digital Sky Survey (SDSS) che indicano la presenza di giganteschi buchi neri già 700 milioni di anni dopo il Big Bang, realtà confermata dal team della Carnegie Mellon, che grazie all'altissima risoluzione della sua simulazione è riuscito ad andare anche molto al di là dei limiti dei telescopi terrestri, scoprendo che cosa alimenta quei lontani buchi neri supermassicci: flussi continui di gas freddi, che si muovono lungo la struttura filamentare dell'universo (illustrata qui sopra), ed entrano quindi direttamente nei buchi neri evitando interazioni rilevanti con le galassie ospiti. Ciò permette ai gas di non essere riscaldati e dispersi, circostanza che agevola la loro caduta verso i buchi neri e quindi la loro rapida crescita.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: Carnegie Mellon University, Yu Feng