Nell'autunno del 2006 alcuni
astronomi impegnati con la Catalina Sky Survey, in Arizona,
scoprirono un piccolissimo asteroide, del diametro di pochi metri,
che risultava essere in orbita attorno alla Terra. Non era la prima
volta che capitava di scoprire oggetti di quel tipo, e si sapeva che
il loro legame gravitazionale era molto precario e destinato a
durare tipicamente qualche mese.
Come ci si aspettava, anche l'asteroide in questione, denominato
2006 RH120, sparì presto e dal giugno 2007 non fu più avvistato. Ma
intanto aveva stimolato una serie di ricerche, come quella prodotta
recentemente da M. Granvik, J. Vaubaillon e R. Jedicke (pubblicata
su Icarus lo scorso 13 dicembre), che modellizzando il meccanismo di
cattura di piccolissimi asteroidi da parte del sistema Terra-Luna,
ha evidenziato come il nostro pianeta abbia molto spesso un secondo
minuscolo satellite (attorno a 1 metro di diametro), che permane
mediamente in orbita per quasi 300 giorni, durante i quali effettua
circa 3 rivoluzioni.
Quella minuscola popolazione, denominata Near Earth Satellites, trae
origine dalla cattura di piccoli Near Earth Objects e si stima che
possa produrre lo 0,1% di tutte le meteoriti che cadono sulla Terra.
La loro relativa vicinanza e il loro moto temporaneamente quasi
stabile hanno già lasciato ipotizzare la possibilità di raggiungerli
con una missione umana per uno studio molto ravvicinato, con
prelievo di campioni, se non con la rimozione dall'orbita e il
trasporto sulla Terra dell'intero mini asteroide.
Nel frattempo si discute sull'opportunità di definire "satelliti
naturali" dei massi che occasionalmente si mettono ad orbitare
attorno alla Terra. Se dovessimo equipararli alle normali lune,
allora Saturno avrebbe migliaia e migliaia di satelliti, visto che i
corpi che compongono i suoi anelli hanno dimensioni molto spesso
superiori al metro. |