Dai
risultati ottenuti attraverso simulazioni al computer ad altissima
risoluzione, effettuate da un team di ricercatori dell'Heidelberg University’s Centre for Astronomy,
del Max Planck Institute for Astrophysics in Garching e della University of Texas at Austin,
e pubblicate su Science, è emersa la possibilità che esistano ancora in
vari luoghi dell'universo, e forse anche nelle nostre vicinanze, stelle
nate nell'universo primordiale a partire dalla contrazione
gravitazionale delle prime gigantesche nubi di gas generatesi dopo il
Big Bang.
La cosa è piuttosto sorprendente perché i modelli relativi alla
formazione della prima generazione di stelle dicono che queste erano
astri giganteschi, centinaia di volte più massicci del Sole e con una
vita media di pochi milioni di anni (se non meno), avente come epilogo
l'esplosione di un'ipernova.
Tali modelli sembrano però non tenere in considerazione una proprietà
dei dischi di accrescimento emersa dalle suddette simulazioni, quella
che vede i dischi stessi frammentarsi qualora la materia in essi
contenuti raggiunga una quantità superiore a quella che può essere
efficacemente trasportata verso la nascente stella centrale.
In questo caso possono generarsi concentrazioni di massa e quindi centri
di gravità indipendenti, il cui aspetto ricorda i bracci delle galassie
spirali, dove ogni braccio finisce col generare, in tempi brevissimi
(vedi l'illustrazione) un astro che rimane, almeno inizialmente, legato
a quello centrale dal vincolo gravitazionale.
Se questo quadro evolutivo sarà confermato, le prospettive che aprirà
saranno importanti: intanto verrà demolita l'ipotesi che voleva
l'universo primordiale popolato solo da stelle gigantesche e solitarie,
infatti le simulazioni indicano la nascita di piccoli gruppi di stelle
multiple con componenti anche di piccola taglia; inoltre, la possibile
catastrofica collisione fra componenti strette può aver generato lampi
in luce X e gamma che potranno essere riconosciuti come tali nel
prossimo futuro; infine, a causa della vicinanza fra le componenti (anche
frazioni di unità astronomica), alcune stelle possono essere state
espulse dai dischi quando ancora la loro massa era molto modesta,
impedendo un ulteriore accrescimento e quindi assicurando loro una vita
lunghissima, anche superiore ai circa 13 miliardi di anni finora
trascorsi dall'epoca della formazione.
Se quelle primordiali stelle di piccola massa hanno concorso alla
formazione delle prime galassie nane, poi confluite nella struttura di
quelle più grandi, non possiamo escludere che anche nella nostra
galassia, forse non lontano dal Sole, possa trovarsi una di quelle
antichissime stelle. Trovarla e studiarla fornirebbe informazioni
dirette sulle condizioni chimico-fisiche del giovane universo. |