L'elaborazione di immagini delle nebulose Nord America e Pellicano,
ottenute tramite i sensori infrarossi del telescopio spaziale Spitzer,
ci restituisce un volto completamente nuovo di quelle spettacolari
strutture.
Ciò che si vede alle lunghezze d'onda dell'infrarosso centrate su 3.6, 4.5, 5.8, 8
e 24 micron stravolge la familiare silhouette del cosiddetto Golfo del
Messico, trasformandolo da tenebrosa regione celeste, apparentemente
popolata da poche stelle, in un complesso e brillante pattern di gas e
polveri che avvolgono almeno un paio di migliaia di stelle nascenti o
già ai primi stadi della loro vita.
Le immagini qui sopra danno un'idea (nei limiti della loro risoluzione)
della nuova visione del complesso nebulare e della quantità di nuovi
dettagli che la radiazione infrarossa fa emergere grazie alla sua
capacità di portare informazione al di fuori della cortina di polveri
che caratterizzano la regione.
Il cupo Golfo del Messico è dunque in realtà una fucina di nuovi astri,
ma all'appello mancano ancora quelli più attesi, ovvero il gruppo di
stelle massicce che con la loro intensa radiazione riscaldano e
rischiarano l'intera regione. La loro posizione è probabilmente
coincidente con la chiazza più brillante di luce infrarossa irradiata
dal Golfo, ma la quantità di polveri interposte è tale che nemmeno il
potente occhio di Spitzer riesce a penetrarle.
La massiccia presenza di gas e polveri rende difficile raggiungere anche
un altro obiettivo, quello di determinare con sufficiente precisione la
distanza di Nord America e Pellicano. Attualmente è stimata in circa
1800 anni luce, ma il valore è incerto a causa del filtro irregolare
operato dalle nebulose stesse e a causa della difficoltà di riconoscere
con certezza quali stelle non appartengono ad esse perché collocate in
posizioni a noi più vicine o più lontane, e quindi non direttamente
legate al complesso nebulare. Il problema potrà essere risolto
caratterizzando con precisione almeno una piccola parte delle nuove
stelle individuate da Spitzer, ovvero determinando magnitudine assoluta,
massa e stadio evolutivo.
I risultati dell'analisi delle immagini qui presentate sono in pubblicazione
su Astrophysical Journal Supplement Series, all'interno di un articolo
firmato da Luisa Rebull e colleghi del NASA's Spitzer Science Center at the California Institute of Technology, Pasadena. |