Al 217° meeting dell'American Astronomical Society
in corso a Seattle, il team della Sloan Digital Sky Survey-III (SDSS-III)
ha reso pubblica quella che finora è la più grande immagine digitale del
cielo. Si tratta di un mosaico composto di milioni di immagini di 2,8
megapixel ciascuna, realizzate fra il 1998 e il 2010 presso l'Apache Point Observatory
del New Mexico, USA.
La copertura della volta celeste è pari a circa il 35% e la quantità di
informazione complessivamente contenuta nell'immagine permette di studiare sia i
dettagli di singoli oggetti sia l'insieme della loro
distribuzione, come esemplificato nell'illustrazione qui sopra.
Per dare un'idea della risoluzione dell'immagine complessiva è
sufficiente dire che per visualizzarla al 100% sarebbe necessario
costruire uno schermo con superficie pari a mezzo milione di televisori
HD.
Lo studio di una tale quantità di informazione, messa a disposizione di
tutti, produrrà sicuramente nuove scoperte che andranno ad aggiungersi a
quelle già realizzate dal nutrito team di ricercatori che dagli anni
Novanta si è occupato delle varie fasi della survey. Sono ben mezzo
miliardo gli oggetti celesti ad oggi scoperti grazie alla SDSS-III, e fra
questi asteroidi, stelle, galassie e quasar.
Di gran parte di essi è stato possibile determinate con elevata
precisione la posizione e il colore, e per le galassie anche la forma.
Mandata in pensione la storica camera digitale che ha consentito di
produrre il gigantesco mosaico, dal 2009 gli strumenti impiegati nella
survey hanno subito un notevole upgrade che fornirà ai ricercatori la
possibilità di realizzare entro il 2014 una nuova mappa dell'universo,
ma questa volta in 3-D. E' infatti già iniziata una nuova survey
destinata a raccogliere nuove informazioni spettrali e quindi anche distanze
più precise delle galassie
contenute nella mappa 2-D.
Due progetti collegati alla nuova survey, Sloan Extension for Galactic Understanding and Exploration
e APO Galactic Evolution Experiment, avranno inoltre l'obiettivo di
studiare la distribuzione e i moti propri delle stelle nella nostra
galassia, per risalire alla provenienza delle varie correnti stellari e
capire quali componenti galattiche derivano dall'annessione di piccoli
sistemi esterni entrati in collisione col nostro. |