14 Gen. 2011

 

Le cefeidi non sono più standard!

 

Sono stati pubblicati su The Astronomical Journal i risultati di una ricerca molto interessante condotta sulle cefeidi, che conferma come la relazione periodo-luminosità di questo tipo di stelle variabili possa in certi casi risultare inaffidabile nel calcolo delle distanze cosmologiche.
L'ampiezza entro la quale varia la luminosità di una cefeide è proporzionale alla lunghezza del periodo, e conoscendo quest'ultimo attraverso la semplice osservazione è possibile determinare la luminosità assoluta della stella e quindi la sua distanza sulla base della luminosità apparente.
Nel caso di cefeidi appartenenti a galassie vicine è dunque semplice stimare la distanza di queste ultime, e di conseguenza la distanza delle supernovae che in esse si manifestano. Calibrando a questo punto la luminosità delle supernovae in base alla loro tipologia diventa relativamente agevole misurare la distanza di galassie lontane (dove le cefeidi non sono più visibili) e farsi un'idea delle dimensioni dell'universo.
Questo è ciò che si è creduto nell'ultimo secolo. Ma di recente sono sorti dubbi sull'affidabilità delle cefeidi come candele standard per tarare gli altri misuratori delle distanze cosmologiche, e lo studio recentemente condotto da Massimo Marengo (Iowa State University), da Pauline Barmby (University of Western Ontario, Canada) e da altri ricercatori dimostra inequivocabilmente che esistono diversi casi in cui la luminosità delle cefeidi è affievolita da gas e polveri che le fanno risultare più lontane di quanto non siano in realtà.
Alla base della scoperta ci sono osservazioni condotte con lo Spitzer Space Telescope della NASA su un numero significativo di cefeidi, fra le quali Delta Cephei, il prototipo di quel tipo di variabili. Proprio attorno a quest'ultima (illustrazione in alto) è stata evidenziata una chioma, per certi versi paragonabile a quella di una cometa, avente un fronte compresso nella direzione verso la quale la stella si muove nello spazio.
Il suo rapido spostamento e soprattutto gli intensissimi venti stellari (fino a 1 milione di volte più potenti di quelli solari) che soffiano via materia dalla superficie dell'astro comprimono i gas e le polveri interstellari, che si surriscaldano aumentando l'apporto complessivo di radiazione infrarossa. Se è vero che aumenta la luce infrarossa e però anche vero che l'inviluppo che si forma attorno a Delta Cephei (la cui individuazione è stata agevolate dalla presenza di una debole stella compagna) e ad altre sue simili riesce a indebolirne la luce nella regione visibile dello spettro elettromagnetico.
Considerando struttura e dimensioni del fronte compresso, Marengo e colleghi sono giunti alla conclusione che una parte rilevante dei gas della nebulosità proviene dalla stessa Delta Cephei, che dunque perde costantemente massa, riducendo lentamente il proprio diametro. Lo stesso fenomeno interessa circa il 25% delle cefeidi studiate con Spitzer.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: NASA/JPL-Caltech/M.Marengo Iowa State University