Se è vero che i buchi neri sono
per definizione inosservabili direttamente non emettendo luce, è pur
vero che dall'ambiente che li circonda, e in particolare dal disco
di accrescimento formato dalla materia che li alimenta, ci giungono
una quantità di informazioni dalle quali è possibile risalire alle
proprietà di quegli stessi buchi neri.
In questo ambito è stata di recente fatta un'interessante ricerca
che mette in relazione la velocità con cui si alimentano i buchi
neri supermassicci posti al centro di alcune galassie attive e il
livello di ionizzazione della materia di cui sono composti i dischi
di accrescimento che li alimentano.
Nella ricerca, guidata da
David Ballantyne (foto di sinistra), assistente professore alla
Georgia Tech's School of Physics, che si è avvalso della
collaborazione di Jon McDuffie e John Rusin (al centro e a destra
nell'altra foto), sono stati rielaborati i dati raccolti su 8 nuclei
galattici attivi con i satelliti Chandra e XMM-Newton, concentrando
l'attenzione sulla radiazione X proveniente dalle regioni più
interne e più calde dei dischi di accrescimento di buchi neri la cui
massa è nota con un elevato grado di certezza.
Il principio è simile a quello delle radiografie: a seconda della
densità e della quantità di materia attraversata dai raggi X, si
ottiene un'immagine con diversi livelli di assorbimento, sulla quale è
possibile riconoscere la forma e la presenza di determinate strutture.
Nel caso specifico dei buchi neri, i raggi X vengono influenzati dal
campo gravitazionale, dalle forze magnetiche e dal livello di
ionizzazione della materia attraversata, tutte alterazioni che
possono essere riconosciute dal confronto con i risultati degli
esperimenti di laboratorio.
Il dato più rilevante uscito dalla ricerca del gruppo di
Ballantyne (già disponibile online su The Astrophysical Journal e in
forma cartacea dal prossimo 20 giugno) è che più rapidamente un buco
nero divora la materia in caduta dal disco di accrescimento, più
essa risulta ionizzata, un fenomeno certamente previsto dalle teorie
sui dischi di accrescimento ma non nella misura trovata ora.
Poiché l'evoluzione delle galassie è strettamente dipendente da
questi processi, le differenze fra realtà e previsioni evidenziate
da Ballantyne e colleghi non mancheranno di stimolare nuove ricerche in
tal senso. |