8 Giu 2011

 

 

Buchi neri: abitudini alimentari ai raggi X

 

Se è vero che i buchi neri sono per definizione inosservabili direttamente non emettendo luce, è pur vero che dall'ambiente che li circonda, e in particolare dal disco di accrescimento formato dalla materia che li alimenta, ci giungono una quantità di informazioni dalle quali è possibile risalire alle proprietà di quegli stessi buchi neri.
In questo ambito è stata di recente fatta un'interessante ricerca che mette in relazione la velocità con cui si alimentano i buchi neri supermassicci posti al centro di alcune galassie attive e il livello di ionizzazione della materia di cui sono composti i dischi di accrescimento che li alimentano.
Nella ricerca, guidata da
David Ballantyne (foto di sinistra), assistente professore alla Georgia Tech's School of Physics, che si è avvalso della collaborazione di Jon McDuffie e John Rusin (al centro e a destra nell'altra foto), sono stati rielaborati i dati raccolti su 8 nuclei galattici attivi con i satelliti Chandra e XMM-Newton, concentrando l'attenzione sulla radiazione X proveniente dalle regioni più interne e più calde dei dischi di accrescimento di buchi neri la cui massa è nota con un elevato grado di certezza.
Il principio è simile a quello delle radiografie: a seconda della densità e della quantità di materia attraversata dai raggi X, si ottiene un'immagine con diversi livelli di assorbimento, sulla quale è possibile riconoscere la forma e la presenza di determinate strutture.
Nel caso specifico dei buchi neri, i raggi X vengono influenzati dal campo gravitazionale, dalle forze magnetiche e dal livello di ionizzazione della materia attraversata, tutte alterazioni che possono essere riconosciute dal confronto con i risultati degli esperimenti di laboratorio.
Il dato più rilevante uscito dalla ricerca del gruppo di Ballantyne (già disponibile online su The Astrophysical Journal e in forma cartacea dal prossimo 20 giugno) è che più rapidamente un buco nero divora la materia in caduta dal disco di accrescimento, più essa risulta ionizzata, un fenomeno certamente previsto dalle teorie sui dischi di accrescimento ma non nella misura trovata ora.
Poiché l'evoluzione delle galassie è strettamente dipendente da questi processi, le differenze fra realtà e previsioni evidenziate da Ballantyne e colleghi non mancheranno di stimolare nuove ricerche in tal senso.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: Georgia Institute of Technology, Gary Meek