E' uscito oggi su Nature un
articolo a firma di Josefin Larsson (Università di Stoccolma) et al.
che conferma il trend che vede il residuo della supernova 1987A (esplosa oltre 24 anni fa nella Grande Nube di Magellano)
aumentare costantemente di luminosità.
Dal giorno dell'esplosione (23 febbraio 1987) fino al 2000, il
residuo generato dal materiale rilasciato dalla stella progenitrice
era andato via via affievolendosi, ma già nel 2001 era evidente
un'inversione di tendenza, continuata poi negli anni successivi,
fino a far risultare oggi più brillante che mai il caratteristico
anello (ampio circa 1 anno luce) che circonda il sito
dell'esplosione.
Il residuo ha in realtà una forma più sferica che ad anello, e se ci
appare così è solo perché sul perimetro gas e polveri ("sommandosi"
prospetticamente) appaiono più densi e quindi più luminosi e
facilmente visibili.
Il motivo per cui il residuo ha intensificato la propria luminosità
anziché continuare a indebolirsi è relativamente semplice, anche se
per averne conferma è stato necessario studiare l'oggetto con il
telescopio spaziale Hubble per un ventennio.
Migliaia di anni prima di esplodere, il progenitore di una supernova
come la 1987A va incontro a fasi di instabilità che producono
l'espulsione e l'allontanamento nello spazio di grandi quantità di
materia superficiale. Quando poi la stella esplode, il materiale
scagliato violentemente tutto attorno insegue quello molto più lento
espulso in precedenza e lo raggiunge iniziando a comprimerlo.
In questa fase la supernovae e il nascente residuo brillano
essenzialmente per energia derivante dal decadimento radioattivo di
elementi pesanti e instabili creati durante l'esplosione, un'energia
che è evidentemente destinata a ridursi col passare degli anni.
Quando però la compressione del materiale più lento ad opera di
quello rilasciato nell'evento distruttivo supera una certa soglia,
vengono prodotti raggi X in quantità crescente al crescere della
pressione.
I raggi X si diffondono quindi all'interno del residuo, attivando
processi di assorbimento e riemissione di fotoni che finiscono col produrre
luce ultravioletta e visibile. Nella ricerca svolta dal team della
Larsson è stata fra l'altro misurata per la prima volta la
temperatura della parte più interna del residuo, e i risultati
complessivi suggeriscono che l'aumento di luminosità continuerà a
manifestarsi ancora per molti anni. |