La notizia è di quelle che fanno
sgranare gli occhi, perché l'influenza delle complesse fenomenologie
solari sul nostro pianeta è rilevante e ogni sensibile variazione a
lungo termine nell'attività della nostra stella può avere
conseguenze pesanti.
Ben tre lavori indipendenti su tre diversi indici rappresentativi del
ciclo solare sono giunti alle stesse (in parte attese ma comunque
inquietanti) conclusioni: il prossimo massimo di attività solare
dell'attuale ciclo 24, previsto per il 2013, sarà praticamente
insignificante, mentre il prossimo ciclo 25, atteso per il 2020 o
poco più, potrebbe non arrivare mai!
Il primo dei tre lavori, tutti presentati questa settimana al meeting
annuale della Solar Physics Division of the American Astronomical Society
(in corso alla New Mexico State University in Las Cruces) è di un
team di ricercatori guidati da Frank Hill (National Solar Observatory).
Utilizzando gli strumenti del Global Oscillation Network Group,
hanno modellizzato i flussi interni di plasma solare che provocano
oscillazioni superficiali, individuando una corrente est-ovest che
parte dalle medie latitudini e si trasferisce lentamente verso
l'equatore. Questo flusso è strettamente legato alla formazione
delle nuove macchie solari e il suo comportamento nel recente
passato
ha permesso di prevedere con successo il ritardato inizio del ciclo
24.
Quando un ciclo è in corso, il flusso in questione si riorganizza
per il ciclo successivo, come indicano le strutture giallo-arancioni
del diagramma in alto. Ma in questi ultimi anni non c'è alcuna
traccia del nuovo flusso interno di plasma destinato a dar vita al
ciclo 25!
Il secondo lavoro, condotto da Matt Penn e William Livingston,
prende come indice di riferimento l'intensità magnetica delle
macchie solari, che mediamente si generano in presenza di campi con
2500-3500 gauss, mentre non appaiono proprio se i gauss scendono
sotto quota 1500. Ebbene, i dati raccolti negli ultimi 13 anni
confermano l'indebolimento sul lungo termine dei campi magnetici
delle macchie solari, una tendenza confermata anche dalla crescente
temperatura delle macchie stesse: l'andamento è inversamente
proporzionale all'intensità dei campi magnetici che le originano.
Nei cicli 23 e 24 questi ultimi hanno perso 50 gauss all'anno, un
trend che se dovesse continuare (e pare proprio che continuerà!)
farà scendere la soglia media al di sotto dei 1500 gauss, rendendo
l'apparizione delle macchie solari un fenomeno molto raro nei
prossimi decenni.
Il terzo lavoro, guidato da Richard Altrock (Air Force’s coronal research program at NSO’s Sunspot),
prende in considerazione la migrazione verso i poli solari delle
regioni attive della corona, che per quanto deboli traggono energia
da strutture magnetiche molto intense radicate
nell'interno del Sole. Utilizzando come tracciante gli atomi
fortemente ionizzati del ferro presente nella corona (dove la
temperatura supera i 2 milioni di gradi Celsius) ed esaminando 40 anni di
osservazioni, Altrock ha scoperto che la velocità di migrazione
delle regioni attive, che tipicamente appaiono fra 70° e 80° di
latitudine, appare molto rallentata in questo 24° ciclo. Di
conseguenza le strutture del ciclo 23, ancora presenti oltre gli
80°, potrebbero perdurare ben oltre le aspettative ed essere in qualche modo di
intralcio alla comparsa delle regioni del prossimo ciclo. |