Sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal i risultati
dell'analisi condotta da
Emmanouil "Manos" Chatzopoulos e da J. Craig Wheeler (The University
of Texas at Austin) sui dati osservativi della supernova 2008am,
che è risultata essere una delle più brillanti finora scoperte e
come tale appartenente alla classe delle SLSNe (Super-Luminous SuperNovae).
Questa rarissima classe di supernovae annovera solo una dozzina di
esemplari, cinque delle quali scoperte dal
ROTSE Supernova Verification Project (che utilizza il 18-inch
robotic ROTSE IIIb del McDonald Observatory), comprese le prime due
in assoluto, la SN 2005ap e la SN 2006gy.
Oltre ad essere fino a 100 volte intrinsecamente più luminose delle
classiche "core-collapse SN", le
SLSNe possono arrivare ad avere progenitori anche oltre 10 volte più
massicci (oltre 100 masse solari contro 10-20 masse solari) e non
tutti dello stesso tipo, come l'attuale limitata casistica sembra
chiaramente suggerire. Allo stato attuale delle conoscenze, le SLSNe
sembrano avere in comune solo l'estrema luminosità.
Nel caso specifico della SN 2008am,
Chatzopoulos e Wheeler ipotizzano che il progenitore possa essere
una massiccia variabile blu di grande luminosità, categoria di
stelle la cui peculiarità è quella di andare soggetta a periodiche e
considerevoli espulsioni di gusci gassosi, esattamente ciò che
avviene nel caso di Eta Carinae. Quando al termine della sua
esistenza la stella esplode, il materiale eiettato nello spazio ad
elevatissima velocità travolge gli assai più lenti gusci gassosi
rilasciati in precedenza. L'interazione è talmente energetica da
elevare a tal punto la luminosità della supernova da renderla
equiparabile a oltre 100 miliardi di stelle come il Sole.
A causa della sua rilevante distanza dalla Terra, ben 3,7
miliardi di anni luce, per studiare adeguatamente la SN
2008am è stato presto necessario utilizzare alcuni dei più grandi
osservatori al suolo (come il Keck, che ha preso l'immagine qui
sopra) e anche il satellite Swift.
I risultati ottenuti da Chatzopoulos e Wheeler sembrano spiegare
l'origine della metà delle
SLSNe note, ma chiaramente ciò che a questo punto intriga di più è sapere
come si sono formate le altre. L'unica certezza è che il
tradizionale modello con cui viene descritto il fenomeno supernova
non sembra applicabile alle SLSNe e sarà quindi necessario
considerare altri meccanismi fisici. |