2 Mag. 2011

 

Raffiche di crateri su Mercurio

 

Continuano a giungere numerosissime sulla Terra le immagini della superficie di Mercurio prese dalla sonda MESSENGER (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging) della NASA, che lo scorso 17 marzo si era inserita in un'orbita stabile attorno al pianeta più interno del nostro sistema solare.
Fra tutte quelle finora esaminate, una delle più interessanti è quella che qui presentiamo, risalente al 24 aprile e centrata su un cratere anonimo al cui interno si distinguono chiaramente tre file di piccoli crateri, molto simili fra di loro nelle dimensioni, la cui disposizione non può certo essere casuale, vista la pressoché inesistente probabilità che impatti meteoritici singoli e indipendenti abbiano potuto verificarsi lungo la stessa linea, per di più incrociandosi.
File di crateri come queste sono presenti anche su altri oggetti di grande taglia del sistema solare, come ad esempio la Luna e Ganimede, e sono riconducibili all'impatto di comete disgregate, i cui frammenti si dispongono a breve distanza uno dall'altro lungo la stessa orbita (esattamente ciò che accadde per la Shoemaker-Levy 9 prima di impattare Giove). Quando lo stuolo di macerie impatta un pianeta o una luna, i vari frammenti si schiantano al suolo in tempi e in luoghi leggermente diversi, come una raffica di proiettili contro un muro. E il risultato è quello che si vede nella foto.
Straordinario è sicuramente il fatto che due delle tracce siano praticamente ortogonali e che la terza intersechi comunque una delle altre due. Il tutto all'interno di un grande cratere!
Proprio questa incredibile circostanza e la probabilità a prima vista infinitamente bassa che formazioni simili possano presentarsi così vicine fra loro, potrebbe suggerire che i "treni" di frammenti cometari sono molto più numerosi del previsto in prossimità del Sole (si pensi a tutte le comete individuate dalla SOHO) e che sulla superficie di Mercurio se ne possano essere schiantati molti di più che non altrove.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington