Haumea è uno dei quattro pianeti nani finora scoperti oltre l'orbita
di Nettuno; gli altri sono Plutone, Eris e Makemake. Ci sono poi
altri candidati, come ad esempio Quaoar, le cui dimensioni sembrano
però decisamente inferiori.
Fra tutti, quello più insolito è proprio Haumea (illustrato qui
sopra), la cui forma
ricorda più un pallone da rugby che non una sfera. Le sue dimensioni
sono approssimativamente 2000x1500x1000 km e ha anche un'altra
particolarità, quella di essere fra i più veloci rotatori del
sistema solare, visto che compie un giro completo sul proprio asse
in appena 3,9 ore.
Secondo alcuni modelli matematici, forma allungata e giorno
brevissimo possono essere il risultato di un grande impatto non
centrale avuto in epoche remote con un altro oggetto
transnettuniano. In conseguenza di quell'impatto, Haumea si sarebbe
prima disgregato e poi riunito sotto l'azione dell'autogravitazione,
ma per l'accelerazione ricevuta e quindi per l'aumentata forza
centrifuga, le macerie si sarebbero ricompattate in una struttura
allungata. Non tutte però: una piccola parte è rimasta in orbita, finendo col dare origine alle due lune di Haumea, Hi'iaka e
Namaka, i cui diametri sono rispettivamente di circa 400 e 200 km.
La presenza della due lune ha permesso di determinare la massa del
sistema (risultata pari al 28% di quella del sistema di Plutone o al
6% di quella della Luna), e quindi la densità media di quei corpi,
3,5
g/cm3. Questo valore suggerisce che Haumea è composto di
roccia per circa il 90% della sua massa e che il restante è
verosimilmente ghiaccio, prevalentemente depositato in superficie.
E le novità più interessanti vengono proprio da quello strato di
ghiaccio superficiale, che secondo i modelli avrebbe dovuto avere
una struttura amorfa e disorganizzata, per via dell'azione
disgregante della radiazione solare, ma che invece un recente studio
ha dimostrato essere cristallina. Lo studio in questione è stato condotto
da un team internazionale di ricercatori con lo spettrometro SINFONI
del Very Large Telescope dell'ESO, sotto la guida di Christophe
Dumas.
I risultati, pubblicati su Astronomy & Astrophysics,
indicano che i ghiacci di Haumea,
per mantenere la struttura cristallina, devono essere costantemente
riorganizzati da una fonte di calore, che può essere solo interna e
quindi derivante dal decadimento di elementi radioattivi, come ad
esempio il potassio-40, il torio-232 e l'uranio-238. Una parte
rilevante della radiazione potrebbe coincidere con una macchia
"calda" nell'infrarosso, già osservata precedentemente.
Anche la superficie di
Hi'iaka presenta lo stesso fenomeno, ma qui la fonte di calore
potrebbe più verosimilmente derivare dalle forze di marea esercitate
da Haumea. Per Namaka, invece, non sono stati raccolti dati
sufficienti a causa delle sue ridotte dimensioni. |