13 Mag. 2011

 

 

La superficie cristallina di Haumea

 

Haumea è uno dei quattro pianeti nani finora scoperti oltre l'orbita di Nettuno; gli altri sono Plutone, Eris e Makemake. Ci sono poi altri candidati, come ad esempio Quaoar, le cui dimensioni sembrano però decisamente inferiori.
Fra tutti, quello più insolito è proprio Haumea (illustrato qui sopra), la cui forma ricorda più un pallone da rugby che non una sfera. Le sue dimensioni sono approssimativamente 2000x1500x1000 km e ha anche un'altra particolarità, quella di essere fra i più veloci rotatori del sistema solare, visto che compie un giro completo sul proprio asse in appena 3,9 ore.
Secondo alcuni modelli matematici, forma allungata e giorno brevissimo possono essere il risultato di un grande impatto non centrale avuto in epoche remote con un altro oggetto transnettuniano. In conseguenza di quell'impatto, Haumea si sarebbe prima disgregato e poi riunito sotto l'azione dell'autogravitazione, ma per l'accelerazione ricevuta e quindi per l'aumentata forza centrifuga, le macerie si sarebbero ricompattate in una struttura allungata. Non tutte però: una piccola parte è rimasta in orbita, finendo col dare origine alle due lune di Haumea, Hi'iaka e Namaka, i cui diametri sono rispettivamente di circa 400 e 200 km.
La presenza della due lune ha permesso di determinare la massa del sistema (risultata pari al 28% di quella del sistema di Plutone o al 6% di quella della Luna), e quindi la densità media di quei corpi, 3,5
g/cm3. Questo valore suggerisce che Haumea è composto di roccia per circa il 90% della sua massa e che il restante è verosimilmente ghiaccio, prevalentemente depositato in superficie.
E le novità più interessanti vengono proprio da quello strato di ghiaccio superficiale, che secondo i modelli avrebbe dovuto avere una struttura amorfa e disorganizzata, per via dell'azione disgregante della radiazione solare, ma che invece un recente studio ha dimostrato essere cristallina. Lo studio in questione è stato condotto da un team internazionale di ricercatori con lo spettrometro SINFONI del Very Large Telescope dell'ESO, sotto la guida di Christophe Dumas.
I risultati, pubblicati su Astronomy & Astrophysics,
indicano che i ghiacci di Haumea, per mantenere la struttura cristallina, devono essere costantemente riorganizzati da una fonte di calore, che può essere solo interna e quindi derivante dal decadimento di elementi radioattivi, come ad esempio il potassio-40, il torio-232 e l'uranio-238. Una parte rilevante della radiazione potrebbe coincidere con una macchia "calda" nell'infrarosso, già osservata precedentemente.
Anche la superficie di
Hi'iaka presenta lo stesso fenomeno, ma qui la fonte di calore potrebbe più verosimilmente derivare dalle forze di marea esercitate da Haumea. Per Namaka, invece, non sono stati raccolti dati sufficienti a causa delle sue ridotte dimensioni.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: ESO, SINC/José Antonio Peñas