L'esistenza dei pianeti
vagabondi, quelli che perdono il legame gravitazionale con la
propria stella in seguito all'evoluzione dei sistemi planetari, è
ormai una certezza. Ciò che ancora non sappiamo è il loro numero
nella Galassia e, più in generale, nell'universo. Su Nature di oggi
c'è però una prima stima concreta di quel numero ed è
impressionante: i pianeti di taglia paragonabile a quella di Giove,
che si muovono liberamente nello spazio, sono circa il doppio delle
stelle che vediamo e almeno dello stesso numero di quelli legati
gravitazionalmente alle loro stelle.
Poiché al ridursi delle masse dei pianeti, l'espulsione dai sistemi
planetari diventa più probabile, quelli che fluttuano liberamente
nello spazio potrebbero superare in numero quelli legati alle
stelle!
A produrre questi sorprendenti risultati, che sanciscono la scoperta
di una nuova classe di pianeti, è un team di ricercatori con a capo
David Bennett (University
of Notre Dame, Indiana). Il gruppo ha analizzato osservazioni
effettuate nel bulge della nostra galassia fra il 2006 e il 2007,
nell'ambito di una survey congiunta di Giappone e Nuova Zelanda,
condotta con il telescopio di 1,8 metri del
Mt. John University Observatory (NZ).
L'analisi ha avuto come obiettivo la ricerca di eventi di microlensing,
cioè apparenti intensificazioni della luce di stelle di fondo, provocate
dall'interposizione sulla nostra linea visuale di un oggetto oscuro
di taglia planetaria (per ora sono rilevabili solo pianeti grandi
come Giove e Saturno). A causa della deformazione dello spazio
causata dalla massa del pianeta, la luce della stella di fondo viene
amplificata come se passasse attraverso una lente di ingrandimento.
Si tratta evidentemente di un effetto molto modesto, che dura al
massimo un paio di giorni e che pertanto è difficile da rilevare.
Nonostante ciò, Bennett e colleghi hanno individuato ben 10 diversi eventi attribuibili al
transito di altrettanti pianeti di taglia gioviana, in ristrette regioni dove
non si vedono stelle che possano risultare legate gravitazionalmente
ad essi.
Per quanto esposti al buio più profondo e al gelo più assoluto dello
spazio interstellare, alcuni di quei pianeti, grazie alla
radioattività interna e a un'atmosfera spessa quanto basta e dalla composizione particolarmente favorevole, potrebbero essere
sufficientemente caldi e ospitali da offrire condizioni adatte alla
nascita e allo sviluppo di elementari forme di vita. |