7 Ott 2011

 

Riscoprire pianeti negli archivi di Hubble

 

Sono innumerevoli le scoperte fatte riesaminando le immagini astronomiche contenute negli archivi degli osservatori astronomici. L'ultimo esempio viene dalla rielaborazione di vecchie immagini di stelle appartenenti al database del telescopio spaziale Hubble, sulle quali sono stati individuati pianeti scoperti ufficialmente diversi anni dopo essere stati fotografati da Hubble. Ovviamente non erano passati inosservati per disattenzione di qualche ricercatore, più semplicemente le attuali tecniche di elaborazione delle immagini sono almeno 10 volte più potenti di quelle di un decennio addietro.
Capita così che un team di astronomi dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, guidati da Remi Soummer, abbia liberato 3 pianeti dalla soverchiante luce che la stella HR 8799 (un giovane e massiccio astro distante 130 anni luce dalla Terra) aveva lasciato su alcune immagini prese nel 1998 da HST con lo strumento NICMOS (Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer). Per dare un'idea della difficoltà dell'operazione è sufficiente dire che nell'infrarosso la luminosità della stella supera di 100.000 volte quella dei pianeti.
Quei tre pianeti di HR 8799 sono stati scoperti nel 2007 e 2008 grazie a riprese fatte dal suolo con il Gemini North telescope del Keck Observatory. Allo stesso modo, nel 2010 era stato scoperto un quarto e più interno pianeta che andava a rimpinguare il primo sistema planetario multiplo rivelato dalla fotografia diretta. Aver ora individuato i 3 pianeti più esterni in immagini di 13 anni fa significa poter calcolare oggi la loro orbita con una precisione che sarebbe stata raggiunta solo nel 2020! Trattandosi di pianeti molto distanti dalla loro stella (completano un rivoluzione in circa 1, 2 e 4 secoli), è necessario un lungo periodo di osservazione per caratterizzare l'intero sistema. Quando grazie anche alla scoperta di Soummer e colleghi sarà possibile calcolare masse, eccentricità e inclinazione del sistema, si potrà meglio capire la sua storia evolutiva.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: Space Telescope Science Institute, NASA, ESA