17 Ott 2011

 

E' allerta per ROSAT in caduta libera

 

Si sono da poco spenti i riflettori sulla caduta del satellite UARS nell'Oceano Pacifico ed ecco che si torna nuovamente a parlare del pericoloso rientro di un altro satellite, questa volta più blasonato, il ROSAT (ROentgen SATellite), un telescopio spaziale per raggi X costruito da Germania e Gran Bretagna e lanciato dalla NASA nel 1990. La sua missione scientifica si era conclusa nel 1999.
Il rientro viene dato come molto probabile fra il 21 e il 25 ottobre, con un margine di errore di 2-3 giorni dipendente dal livello di attività solare e quindi dall'entità del frenamento esercitato su ROSAT dall'atmosfera. L'oggetto pesa quasi 2 tonnellate e mezza contro le 6 tonnellate di UARS, ma questa non è una buona notizia perché ROSAT è molto più resistente alle alte temperature.
Lo specchio primario del telescopio, la cui struttura è molto particolare e massiccia (vista la lunghezza d'onda alla quale operava), sarà la parte più pesante fra le oltre 30 che raggiungeranno la superficie terrestre, circa 1,6 tonnellate, e se dovesse piombare in un centro abitato non sarebbe una cosa divertente.
Anche per questo rientro, come per quello di UARS, esiste infatti una concreta possibilità che i frammenti arrivino sulla terraferma e anche questa volta le incertezze sono rilevanti, visto che si parla di latitudini comprese fra +53° e -53°, con i frammenti che potrebbero distribuirsi su un'area ampia 80 km. La NASA ha calcolato che per un essere umano la probabilità di essere colpito da uno qualunque di quei frammenti è di 1 su 2000, contro l'1 su 3200 calcolata per UARS.
Il motivo principale per cui ROSAT è attualmente fuori controllo è la totale assenza a bordo di un sistema di propulsione, che sarebbe stato invece utile per manovrare il satellite verso un rientro controllato, con caduta in mare.
In attesa di sviluppi, aspettiamoci dai media generalisti titoli di questo tipo: "Satellite radioattivo minaccia la Terra", "Minaccia nucleare dallo spazio" e altre idiozie simili. Ma non è una novità...

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics