31 Ott 2011

 

La polvere dei buchi neri supermassicci

 

Il 50% dei buchi neri supermassicci che albergano nel cuore della gran parte delle galassie risulta nascosto alla nostra vista da immense nubi di polveri la cui origine non è ancora del tutto chiara. Capire qual è il meccanismo che produce quelle polveri nelle regioni più interne delle galassie sarebbe di aiuto a una più ampia comprensione del funzionamento stesso di quei buchi neri.
Una possibile soluzione al problema è stata recentemente pubblicata sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society da un gruppo di astronomi guidati da Sergei Nayakshin (University of Leicester). Nel lavoro si ipotizza che attorno ai buchi neri supermassicci avviene qualcosa di simile a ciò che, su scala infinitamente minore, accade nel nostro sistema solare e che è causa della luce zodiacale, ovvero la disgregazione in frammenti sempre più piccoli, fino alle dimensioni della polvere, di comete e asteroidi.
Le continue collisioni fra i detriti lasciati da impatti di oggetti maggiori sono una riserva inesauribile per il pulviscolo che crea la luce zodiacale ed estrapolando su scale molto più grandi quel meccanismo è possibile che lo stesso risultato si abbia dallo scontro fra pianeti che per la vicinanza di una massa gigantesca si trovano a muoversi con le loro stelle a velocità di migliaia di km/s. I nuclei galattici sono tipicamente sovraffollati ed eventi simili non dovrebbero essere rarissimi, soprattutto se il moto dei sistemi planetari viene convogliato verso il buco nero stesso.
Se lo scenario descritto dal team di Nayakshin fosse corretto, la prima intuibile conseguenza è che le regioni più interne delle galassie non sarebbero particolarmente ideali ad ospitare la vita, sia per l'elevato rischio di impatto fra pianeti sia per la radiazione provenite dal buco nero. Ma al tempo stesso le polveri create dai pianeti distrutti diverrebbero uno scudo a quelle radiazioni per i pianeti collocati in regioni più sicure, e quindi favorirebbero l'esistenza della vita in tutto il resto della galassia.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: University of Leicester