Gran parte della fisica moderna poggia su un elemento
apparso
finora incontestabile, vale a dire la finitezza della velocità
della luce: 299.792.458 m/s. A stabilire questo limite fu Einstein
attraverso la teoria della relatività ristretta, pubblicata nel
1905, della quale è celeberrima anche ai non addetti ai lavori la
formula sintetica E=mc2,
dove "c" è la velocità della luce.
E' evidente che se quella "c" anziché avere un valore costante (nel
vuoto) cresce oltre il limite stabilito dalla teoria, cambiano
moltissime cose, a cominciare dal nostro modo di percepire il
funzionamento dell'universo.
Nell'ultimo secolo sono state davvero tante le occasioni in cui
sembrava di aver scoperto qualcosa (in genere particelle elementari)
che superava la velocità della luce, ma puntualmente alla fine le
verifiche hanno sempre dato ragione ad Einstein.
Ed ecco che ricapita ancora una volta: ieri si è diffusa dal CERN di
Ginevra la notizia che un fascio di neutrini sparato verso i
laboratori italiani del Gran Sasso è stato registrato all'arrivo con
un leggero anticipo, precisamente 60 nanosecondi (miliardesimi di
secondo) su un tragitto di circa 730 km che richiede 0,002435 secondi
per essere coperto.
A parte l'incertezza in più o in meno di 10 nanosecondi dichiarata
dagli autori dell'esperimento, in 60
nanosecondi la luce (e per quanto ne sappiamo anche un neutrino)
percorre al massimo un tratto pari ad appena 18 metri. Fino a
che punto si può essere certi che un qualunque fattore non sia
intervenuto a falsare il risultato dell'esperimento?
La
comunità scientifica internazionale ha accolto con evidente
scetticismo la presunta scoperta, e ora resta in attesa di
difficili verifiche, attuabili unicamente (per motivi tecnici) dallo
stesso CERN e dal Fermilab di Chicago.
Nel frattempo, gli autori della scoperta mantengono
giustamente tutte le riserve del caso. |