E' questa la conclusione a cui è
giunto uno dei 24 team di ricercatori impegnati nell'analisi dei
dati raccolti dal laboratorio Phoenix, atterrato per una breve
missione nel 2008 sulla regione artica nord del pianeta rosso. Il
team è quello guidato da Tom Pike, dell'Imperial College London, che
presenterà i propri risultati domani, al meeting dell'European Space
Agency.
Phoenix era attrezzato con potenti microscopi che gli permettevano
di analizzare singole particelle di suolo raccolte con un braccio robotico.
Ciò che si andava cercando era principalmente l'argilla, la cui
formazione è intimamente legata alla presenza di acqua. Trovare una
rilevante percentuale di argilla in superficie avrebbe permesso di
concludere che anche in epoche relativamente recenti Marte ha avuto
un ecosistema quantomeno accettabile per i microorganismi più
resistenti.
E invece la bassissima percentuale di argilla presente nella regione
polare in cui Phoenix è atterrato, meno dello 0,1% contro il 50%
circa del suolo terrestre, permette di calcolare che l'attuale
aridità di Marte perduri da almeno 600 milioni di anni, escludendo
totalmente la possibilità di vita elementare negli strati più
esterni.
Lo stesso ghiaccio secco tipico delle regioni polari non migliora la
situazione, essendo composto quasi completamente di anidride carbonica e non di acqua.
Per di più, altre osservazioni hanno già appurato che la superficie
marziana è piuttosto omogenea e che quindi i risultati ottenuti
vicino al polo nord valgono per tutto il pianeta. Secondo Pike,
Marte ha avuto un ciclo superficiale dell'acqua solo in un periodo
molto remoto e per un lasso di tempo valutabile in circa 5000 anni.
Se dunque vita c'è, va cercata ben più in profondità di quanto
finora creduto.
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by Michele Ferrara & Marcel
Clemens |
credit: Imperial College London, ESA, NASA |
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