Ha un diametro di 21 km, è
profondo circa 3 km ed è collocato al polo sud lunare, posizione che
gli impedisce di essere illuminato dalla luce solare, tanto che il
suo fondo è perennemente avvolto dalle tenebre più oscure e dal gelo
più assoluto. Queste caratteristiche avevano fatto sospettare da
tempo che all'interno di Shackleton potesse essersi conservato del ghiaccio
rilasciato da impatti cometari, forse dallo stesso impatto che lo ha
originato oltre 3 miliardi di anni fa. Grazie alla sonda Lunar Reconnaissance Orbiter,
quel sospetto è stato suffragato dalle osservazioni e ora un lavoro
apparso su Nature fornisce una stima della percentuale di ghiaccio
presente nel materiale che costituisce il cratere: ben il
22% della superficie di Shackleton è composta di ghiaccio.
Il dato, probabilmente definitivo, è stato dedotto dalle proprietà
della luce laser riflessa utilizzata per misure altimetriche
all'interno del cratere. Essendo totalmente al buio, l'unico modo
per "vedere" il suo fondo è quello di mapparlo con un altimetro
laser, che dopo ogni impulso luminoso registra la risposta e calcola
così il tempo di andata e ritorno. Ciò fornisce sia la profondità di
ogni punto illuminato dallo strumento, sia la sua albedo e quindi
indicazioni sulle proprietà del materiale riflettente. Dal tutto si
ricostruiscono forma e composizione della struttura.
Una volta ricostruito visivamente l'interno del cratere (l'immagine
qui sopra mostra il prima, a destra, e il dopo, a sinistra) è
apparso chiaro agli autori della ricerca (coordinata da Maria Zuber
del Massachusetts Institute of Technology) che la struttura si è
mantenuta pressoché inalterata dai tempi della sua formazione,
ovvero che non ha subito lo stesso intenso bombardamento meteoritico
di altri crateri posti lontani dal polo. Questo è probabilmente da
imputare alla penuria di meteoroidi collocati su orbite più o meno
perpendicolari all'eclittica e quindi in grado di colpire la Luna ai
poli.
by Michele Ferrara |
credit: NASA/Zuber, M.T. et al., Nature |
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