Le missioni Apollo con
destinazione Luna iniziavano con la poderosa spinta dei 5 motori F1
fissati alla base del primo stadio (nella foto), motori capaci di
una potenza pari a circa 32 milioni di cavalli. Una volta bruciato
tutto il carburante a loro disposizione, venivano sganciati assieme
al primo stadio e precipitavano ad alta velocità nell'oceano
Atlantico, perdendosi nelle sue profondità.
Per l'Apollo 11 ciò avvenne il 16 luglio 1969 e in quell'occasione
un bambino di nome Jeff Bezos rimase così impressionato dalla
missione che portò l'uomo sulla Luna, da decidere una quarantina di
anni dopo di andare a cercare proprio quei motori sul fondo
dell'oceano, questo però dopo essere diventato miliardario (in dollari) e
aver fondato uno dei più importanti mercati presenti su Internet,
Amazon.
Con l'aiuto di un team di professionisti di ricerche oceanografiche
e utilizzando un sonar di ultima generazione, Bezos è riuscito a
individuare alla fine di una lunga ricerca i 5 motori F1 dell'Apollo
11 a una
profondità di quasi 4300 metri e ha ora intenzione di iniziare il
recupero. In che condizioni siano non è ancora chiaro, ma essendo
stati costruiti con materiali molto resistenti potrebbero aver
sopportato discretamente la caduta e la lunga permanenza nell'acqua salata.
L'intenzione di Bezos è quella di recuperare almeno un motore, che
sarà riconsegnato alla NASA affinché possa esporlo allo Smithsonian Institution's National Air and Space Museum.
Un eventuale secondo motore recuperato sarà invece destinato al Seattle Museum of Flight.
Complessivamente di motori F1 la NASA ne ha impiegati 65 in 13 voli
fra il 1967 e il 1973, ma quelli dell'Apollo 11 hanno un valore
storico sicuramente ineguagliabile.
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by Michele Ferrara |
credit: NASA |
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