Che i buchi neri supermassicci
(SMBH) potessero ostacolare la formazione di nuove stelle all'interno
delle galassie era già da tempo più che un sospetto. Ora, una nuova
ricerca condotta con il telescopio spaziale Herschel da astronomi
coordinati da Mathew Page (University College London's Mullard Space Science Laboratory,
UK) sembra trasformare quel sospetto in una certezza.
Page e colleghi hanno confrontato i dati raccolti da Herschel nel
lontano infrarosso e da Chandra nei raggi X su un campione di 65
galassie lontane fra 8 e 12 miliardi di anni luce, epoche in cui
quelle strutture erano ancora in fase formazione ed erano
caratterizzate da una rapida crescita del buco nero centrale e del
numero di stelle, tanto che mediamente ci appaiono mille volte più
brillanti di quanto sia oggi la nostra galassia.
Dalla ricerca è emerso che in quelle galassie dove l'attività del
buco nero (visibile sotto forma di nucleo galattico attivo) è
moderata, non si notano flessioni rispetto alla media nell'apporto luminoso infrarosso
dovuto alle polveri riscaldate dalle nascenti stelle, e quindi la
formazione di queste si mantiene su tassi elevati. Al contrario,
nelle galassie con il nucleo più attivo e quindi con il buco nero
più poderoso, la produzione di nuove stelle rallenta vistosamente,
fino a poter essere del tutto inibita.
Dal momento che sia le stelle sia il buco nero crescono per la
prevalente caduta di idrogeno sulla galassia, è evidente che quando il secondo
raggiunge certe dimensioni e un determinato livello di attività,
produce una tale quantità di radiazione da respingere quel gas fuori
dalla galassia e il processo di formazione stellare rimane senza
materia prima.
by Michele Ferrara |
credit: ESA, University College London |
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