Uno dei primi pianeti extrasolari
ad essere scoperto fu trovato in orbita attorno a una pulsar, cioè
una stella di neutroni, residuo di una supernova,
il cui asse magnetico punta verso la Terra ad ogni
rotazione, inviando un impulso energetico (il nome pulsar deriva da
"pulsating star", stella pulsante).
Ora quella particolare categoria di pianeti (se ne conoscono una
decina) torna a far parlare di sé per via di una ricerca condotta
dal team di Fabrice Mottez (Osservatorio di Parigi) sulle
interazioni elettromagnetiche fra pulsar e pianeti.
I ricercatori hanno prodotto una serie di previsioni sulle proprietà
dei sistemi planetari, intesi come pianeti e corpi minori, che
stanno attorno alle pulsar. Tra le cose più interessanti emerse da
calcoli e simulazioni c'è l'effetto che campo magnetico e vento
stellare hanno sui pianeti. L'interazione crea delle strutture a
scia molto energiche dal punto di vista elettromagnetico, in grado
sul lungo periodo di influire sulle orbite stesse dei corpi che ne
vengono interessati.
Se quel tipo di sollecitazione sembra non sconvolgere più di tanto
gli oggetti di massa planetaria, ha invece un effetto molto
rilevante su asteroidi e comete, che vengono facilmente deviati
dalle loro orbite originarie e finiscono o in regioni molto periferiche del
sistema (se non addirittura espulsi da esso) oppure cascano sulla
pulsar, venendo annientati. A un oggetto di 1 km di diametro possono
bastare anche solo 10mila anni per fare una brutta fine.
Questo
marasma provocato dall'elettromagnetismo della pulsar ha però anche
un risvolto positivo: il grande movimento di corpi minori favorisce
la loro aggregazione in oggetti di taglia maggiore, anche
planetaria, un processo agevolato dal materiale espulso
precedentemente dal progenitore della pulsar, quando è esploso come
supernova.
Attorno alle pulsar non esisterebbero dunque solo vecchi
pianeti scampati malamente alla catastrofe stellare, bensì anche
nuovi pianeti recentemente formatisi grazie alle scie energetiche
che avvolgono il sistema come se fosse un gigantesco generatore
elettrico.
by Michele Ferrara |
credit:
European Planetary Science,
NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC) |
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