Le supernovae di tipo Ia hanno il
pregio di raggiungere tutte la stessa luminosità assoluta, il che
consente di utilizzarle per calcolare la distanza della galassie in
cui esplodono. I modelli realizzati per descrivere quel tipo di
esplosioni sono essenzialmente di due tipi, a singolo
oggetto degenerato e a doppio oggetto degenerato. Nel primo
una nana bianca
acquisisce materia da una giovane stella compagna di grandi
dimensioni e raggiunta une certa massa critica collassa per poi esplodere; nel secondo sono due
nane bianche a cadersi addosso, con il medesimo risultato finale.
In realtà nessuno dei due modelli sembra riscontrare la realtà
osservativa nei minimi dettagli e ciò ha dato da pensare a uno dei
massimi studiosi di supernovae al mondo, J. Craig Wheeler (University of Texas, Austin)
che da oltre 40 anni si occupa di questo genere di fenomeni.
Dei due modelli, il meno convincente è il primo, poiché dopo
l'esplosione dovrebbero rimanere tracce della giovane compagna,
forse "traumatizzata" ma ancora in grado di proseguire il suo
percorso evolutivo e quindi visibile. Invece non sembra rimanere
niente e questo non è compatibile con una stella di massa rilevante.
Wheeler propone come alternativa un modello in cui la compagna è una
vecchia nana rossa, la cui massa molto più modesta andrebbe
completamente perduta già nel corso della fase di accrescimento
della nana bianca. Le due nane, oltre ad essere le tipologie di
stelle più diffuse nella Galassia, sono anche dotate di un discreto
campo magnetico, le cui linee di forza finirebbero per unirsi,
sincronizzano di periodi di rotazione dei due astri e creando così
una corsia preferenziale lungo la quale fluirebbe materia dalla
superficie della nana rossa a quella della nana bianca.
Su quest'ultima si creerebbe una cosiddetta "macchia calda", che
essendo sempre rivolta verso la compagna la riscalderebbe oltre
modo, velocizzando la perdita di materia. Se all'esplosione della
nana bianca è rimasto ancora qualcosa della nana rossa, quel poco
non avrebbe una gravità sufficiente a fronteggiare l'urto
dell'esplosione ed evaporerebbe, non lasciando sul luogo più nulla,
salvo il classico residuo di gas e polveri in espansione.
by Michele Ferrara |
credit:
The University of Texas at Austin |
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