30 Apr. 2011

 

596 Scheila è realmente un asteroide

 

Il 13 dicembre scorso davamo notizia di un improvviso aumento di luminosità mostrato da quello che doveva essere un asteroide, 596 Scheila, ma che proprio per quel comportamento poteva invece tradire la sua natura cometaria, per quanto l'oggetto orbiti stabilmente nella fascia principale degli asteroidi.
Per risolvere lo strano caso, due team di ricercatori hanno studiato il fenomeno utilizzando gli spettri e le immagini prese dal satellite Swift (a sinistra) e dal telescopio spaziale Hubble (a destra), trovando che effettivamente Scheila è un asteroide e che il temporaneo burst luminoso è stato causato da una collisione con un grosso meteorite.
Come riportato nel lavoro che uscirà il 20 maggio su The Astrophysical Journal Letters, l'oggetto che è impattato con l'asteroide aveva probabilmente un diametro di circa 30 metri e impattando alla velocità di oltre 17mila km/h può aver scavato un cratere di 300 metri di diametro, sollevano oltre 660mila tonnellate di materiale (polvere e massi più o meno grossi), che sono andate a disporsi a mo' di pennacchi ad arco attorno a Scheila.
Dalla conformazione di questi ultimi si è dedotto che il proiettile ha colpito la superficie con un angolo di circa 30°. Complessivamente, il materiale sollevato e disperso nello spazio è stato 10mila volte superiore a quello prodotto dall'impatto artificiale realizzato durante la missione Deep Impact a danno della cometa 9P/Tempel 1.
L'analisi spettroscopica dei pennacchi, che per circa un mese hanno accompagnato l'asteroide prima di dissolversi, ha rivelato l'assenza dei tipici gas che si producono attorno alle comete quando la radiazione ultravioletta del Sole rompe le molecole degli elementi volatili che sublimano dal nucleo. Ciò significa che il fenomeno osservato attorno a Scheila non può essere ricondotto all'esposizione alla radiazione solare di riserve di ghiaccio superficiale, e l'unica altra alternativa è l'impatto fra oggetti tipicamente asteroidali.

 

by Michele Ferrara & Marcel Clemens

credit: NASA/Swift/DSS/D.Bodewits (UMD) - NASA/ESA/D.Jewitt (UCLA)