l'Astrofilo luglio 2012 - page 46

COSMOLOGIA
ASTROFILO
l’
R
appresenta-
zione artistica
di uno scorcio di
universo primor-
diale, nel quale,
contrariamente a
quanto finora cre-
duto, c’erano già
abbastanza me-
talli da consentire
l’esistenza di pia-
neti e quindi di
condizioni proba-
bilmente già
adatte alla com-
parsa della vita.
così lontani nell'universo. L'enorme distanza
rende il flusso anche molto diluito (decresce
col quadrato della distanza) e di qui la ne-
cessità di eliminare qualunque altra sor-
gente celeste per poterlo rilevare. Per farsi
un'idea della debolezza del segnale messo
in evidenza dal lavoro di Kashlinsky e colle-
ghi (appena pubblicato su
The Astrophysical
Journal
) basti sapere che sono servite 400
ore di ripresa su ogni area inquadrata (cia-
scuna larga come due lune piene) per far
emergere il fondo infrarosso.
Viste le frammentarie conoscenze che ab-
biamo di quei lontani avvenimenti, può es-
sere azzardato cercare analogie con ciò che
accade nell'universo a noi più vicino, ma se
almeno il rapporto numerico fra stelle gi-
ganti e stelle di taglia inferiore dovesse man-
tenersi simile in ogni epoca, se ne dovrebbe
dedurre che nel primo miliardo di anni dal
Big Bang sono nati un numero incalcolabile
di soli come il nostro, per di più in un am-
biente già ricco di elementi pesanti, fonda-
mentali all'esistenza dei pianeti. Questa
eventualità amplierebbe notevolmente il pe-
riodo entro il quale l'universo ha offerto con-
dizioni adatte alla comparsa della vita, una
conseguenza non certo trascurabile.
lare in un'epoca in cui l'universo aveva solo
500 milioni di anni. Che esistesse un fondo
infrarosso diffuso, Spitzer lo aveva confer-
mato già nel 2005 e poi con maggiore preci-
sione nel 2007, ma solo ora che si stanno
studiando nel dettaglio concentrazioni di ra-
diazione precedentemente solo sospettate è
possibile avanzare ipotesi sulla loro natura.
Trattandosi di fonti luminose estremamente
lontane non esiste alcuna possibilità di os-
servarle singolarmente, ma la luce da esse
complessivamente irradiata resta un segnale
distinguibile anche a grandissime distanze
spazio-temporali. Se si tratta realmente,
come ipotizzato da Kashlinsky, della traccia
delle primissime, gigantesche stelle (in alter-
nativa potrebbero essere quasar), l'intensità
del segnale dimostrerebbe che il tasso di for-
mazione stellare poche centinaia di milioni
di anni dopo il Big Bang era enormemente
più sostenuto di quanto previsto e si spie-
gherebbe l'abbondanza di metalli riscon-
trata dal team di Fynbo. È sottinteso che
quelle stelle primordiali emettevano princi-
palmente un poderoso flusso di luce ultra-
violetta, e se oggi la riceviamo alle ben più
basse frequenze infrarosse è per via dell'ele-
vatissimo redshift che caratterizza oggetti
n
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