l'Astrofilo dicembre 2012 - page 16

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PLANETOLOGIA
ASTROFILO
l’
o più pianeti, anche di taglia gigante, che
si trovano oggi a fluttuare liberamente
nello spazio e ad avvicinarsi occasional-
mente a sistemi stellari e planetari rispetto
ai quali sono totalmente estranei. Se ag-
giungiamo che le “quasi stelle” (o stelle
mancate, se si preferisce) possono avere
temperature inferiori a quelle dei pianeti
giganti più caldi, è facile rendersi conto che
esiste una categoria di oggetti celesti che
non sappiamo nemmeno come chiamare.
Tecnicamente sono definiti nane di tipo T o
di tipo Y, ma questo, per i motivi visti più
sopra, non aggiunge molto.
Data la loro temperatura tipicamente infe-
riore ai 1000°C, quegli oggetti emettono es-
senzialmente radiazione infrarossa e nel
caso si trovino vincolati a stelle normali
(quelle di sequenza principale) il poterli os-
servare in quella regione spettrale è un van-
taggio comunque relativo, perdendosi nel
mare di luce prodotto dalle ingombranti vi-
cine. L’ideale sarebbe poter studiare quegli
ambigui oggetti liberi nella Galassia, ma
prima bisogna individuarli e avere un’idea
precisa della loro massa e della loro età.
Nell’ultimo ventennio gli astronomi sono
gradualmente passati dalle certezze teori-
che a quelle osservative, scoprendo oggetti
di taglia substellare che hanno reso evi-
dente una commistione fra pianeti giganti
e stelle mancate: nane di tipo T e Y che or-
bitano attorno a altre nane più massicce, e
pianeti che vagano solitari nel cosmo, tra-
dendo talvolta la loro presenza attraverso
il fenomeno del microlensing gravitazio-
nale, grazie al quale amplificano per breve
tempo la luce di una stella lontana.
Nel tentativo di dare almeno una regola
per catalogare corpi dalla natura incerta, in
seno all’International Astronomical Union
fu deciso nel 2003 che sono da considerare
pianeti tutti quegli oggetti la cui massa è
inferiore a 13 masse gioviane, in quanto le
temperature che si sviluppano nel nucleo al
di sotto di quella taglia sono insufficienti a
bruciare il deuterio, azione considerata ap-
pannaggio delle stelle vere e proprie.
La definizione dell’IAU si è presto dimo-
strata insufficiente a inquadrare le varie
situazioni che andavano presentandosi,
anche perché prescindeva dai diversi pro-
cessi attraverso i quali i pianeti possono na-
scere, senza contare che almeno in un caso
(uno è più che sufficiente), quello di Kappa
And b, fotografato direttamente con il te-
A
lcuni tipi di
stelle nane
messe a con-
fronto col Sole e
con Giove. Lo
schema è pura-
mente indicativo,
dal momento che
nessuna delle
nane è stata mai
osservata così da
vicino. Fra le na-
ne di tipo T e Y si
nascondono sicu-
ramente dei pia-
neti giganti, ma
per riconoscerli è
indispensabile
che siano asso-
ciati sin dalla na-
scita a strutture
maggiori di cui è
nota l’età, ad
esempio ammassi
stellari. [NASA/
JPL-Caltech]
nana tipo M nana tipo L nana tipo T
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