PLANETOLOGIA
        
        
          ASTROFILO
        
        
          
            l’
          
        
        
          Il rumore ha una sua soglia e i segnali che
        
        
          non la superano, anche se prodotti dal ci-
        
        
          clico orbitare di pianeti, rimangono dispersi
        
        
          nel suo interno. Per fare un esempio, una
        
        
          stella può manifestare minime variazioni di
        
        
          velocità radiale dovute alla presenza di un
        
        
          pianeta (quindi si allontana e si avvicina di
        
        
          poco rispetto all’osservatore), ma quel mo-
        
        
          vimento può essere facilmente coperto da
        
        
          moti della superficie stellare, legati a un’at-
        
        
          tività di tipo solare.
        
        
          Allo stato attuale della ricerca di pianeti più
        
        
          o meno grandi come la Terra, attorno a
        
        
          stelle simili al Sole, quel rumore ha un peso
        
        
          determinante perché è dello stesso ordine
        
        
          di grandezza del segnale utile che si va cer-
        
        
          cando. Problema irrisolvibile? Possibile che
        
        
          non esista un modo per estrarre un segnale
        
        
          coerente dal caotico fondo rumoroso che lo
        
        
          sovrasta?
        
        
          Poiché nella fattispecie l’unica cosa certa è
        
        
          il rumore, è attraverso una più approfon-
        
        
          dita conoscenza delle sue proprietà che si
        
        
          può tentare di isolarlo ed è in quella dire-
        
        
          zione che si è mosso un team internazionale
        
        
          di astronomi, coordinato da Mikko Tuomi
        
        
          (University of Hertfordshire).
        
        
          Per creare un modello attendibile in grado
        
        
          di interpretare il comportamento del ru-
        
        
          more nel suo insieme è indispensabile valu-
        
        
          tare il peso di ogni sua componente sulla
        
        
          velocità radiale di Tau Ceti entro un periodo
        
        
          ragionevolmente lungo, il che significa
        
        
          avere a disposizione una sequenza di osser-
        
        
          vazioni sufficiente a coprire almeno alcuni
        
        
          anni. Le cose sarebbero agevolate se la
        
        
          stella oggetto di studio fosse anche molto
        
        
          poco attiva a livello fotosferico e possibil-
        
        
          mente non variabile, oppure moderata-
        
        
          mente variabile ma con un periodo ben
        
        
          noto e con un comportamento prevedibile.
        
        
          Per Tuomi e colleghi, Tau Ceti era il candi-
        
        
          dato ideale al quale applicare una nuova
        
        
          tecnica capace di portare i ricercatori a
        
        
          un’accettabile modellizzazione del rumore.
        
        
          Dopo aver esaminato circa 6000 velocità ra-
        
        
          diali della stella, spalmate su un periodo di
        
        
          13,5 anni e registrate con alcuni dei migliori
        
        
          strumenti al mondo in questo ambito, come
        
        
          HARPS (ESO, Cile) e HIRES (Keck Observa-
        
        
          tory, Hawaii), il team di Tuomi ha prodotto
        
        
          numerose varianti di un modello previsio-
        
        
          nale delle diverse componenti del rumore.
        
        
          Per capire quale di esse meglio interpretava
        
        
          la realtà, sono stati aggiunti al rumore com-
        
        
          plessivo alcuni segnali periodici artificiali
        
        
          dalle proprietà note. La variante più adatta
        
        
          all’interpretazione delle proprietà del ru-
        
        
          more presente nella velocità radiale di Tau
        
        
          Ceti (e delle stelle ad essa simili) avrebbe la-
        
        
          sciato come residuo “inspiegabile” i segnali
        
        
          
            O
          
        
        
          
            
              ltre ad avere
            
          
        
        
          
            
              pianeti di ti-
            
          
        
        
          
            
              po roccioso, come
            
          
        
        
          
            
              quello idealmente
            
          
        
        
          
            
              sopra raffigurato,
            
          
        
        
          
            
              il sistema di Tau
            
          
        
        
          
            
              Ceti ha anche un
            
          
        
        
          
            
              altro elemento in
            
          
        
        
          
            
              comune con il no-
            
          
        
        
          
            
              stro sistema solare