STRUMENTI
ASTROFILO
l’
di pianeti sul disco di stelle relati-
vamente brillanti. Tutte le più im-
portanti survey oggi dedicate al-
l’osservazione di transiti planetari
utilizzano grandi telescopi che si
focalizzano su ristrette regioni di
cielo, che vengono scandagliate in
profondità, scegliendo essenzial-
mente stelle di tipo solare, lontane
anche 5-6000 anni luce. Affinché
quei telescopi possano scandaglia-
re nel dettaglio e ripetutamente i
campi stellari loro assegnati è ne-
cessario che quei campi non siano
inondati dalla luce di astri partico-
larmente brillanti, e si scelgono
pertanto come target plaghe cele-
sti con singole componenti prefe-
ribilmente più deboli della decima
magnitudine. Questo avviene per
molte survey, come ad esempio
quella celeberrima condotta con il
telescopio spaziale Kepler. Vi sono
però anche altre tecniche, diverse
da quella del transito, utilizzate
per scoprire pianeti extrasolari e
una di esse si basa sulla individua-
zione di variazioni periodiche nella
velocità radiale delle stelle: se una
stella, anziché muoversi lungo una
traiettoria rettilinea mostra (solita-
mente per via spettroscopica) pic-
cole oscillazioni rispetto alle posi-
zioni attese, allora è probabile che
ospiti uno o più pianeti. Le survey
che sfruttano questo principio
hanno vita facile all’incirca fino
all’8
a
magnitudine e divengono
sempre meno efficaci per magnitu-
dini via via più deboli. C’è quindi
una parziale lacuna fra le magni-
tudini 8 e 10, dove nessuna delle tecniche
adottate dalle principali survey è in grado di
garantire un’adeguata rilevazione dei tran-
siti planetari. Per tale motivo, alcuni anni fa
in un team di astronomi con folta rappre-
sentanza presso la Ohio State University si
decise di assemblare un insolito strumento
fotografico, con il preciso scopo di colmare
la lacuna di cui sopra.
Per monitorare sistematicamente stelle di ma-
gnitudine 8-10 non serve certo un grande dia-
metro, anzi, l’ideale è proprio un piccolo o-
biettivo di corta focale, che ha anche il pregio
di inquadrare ampie zone di cielo ad ogni ri-
presa, e quindi di trasferire al software di ge-
stione del sistema una gran quantità di dati
fotometrici per ogni sessione osservativa.
È evidente che più il campo inquadrato è
ampio, più rapidamente si completa la scan-
sione programmata e prima possono giun-
gere i risultati sperati. Per contro una mag-
giore quantità di dati per unità di tempo ob-
P
rimo piano
del KELT-
South, il mini te-
lescopio fotogra-
fico alloggiato
nella costruzione
con tetto scorre-
vole che abbiamo
visto nell’imma-
gine di apertura.
[KELT Observa-
tories]