STRUMENTI
        
        
          ASTROFILO
        
        
          
            l’
          
        
        
          ter, in orbite strettissime attorno a stelle ac-
        
        
          cecanti dal punto di vista degli astronomi,
        
        
          motivo per cui se ne conoscono talmente
        
        
          pochi (meno di dieci) che ogni nuova sco-
        
        
          perta può dare un sensibile contributo alla
        
        
          comprensione delle dinamiche atmosferiche
        
        
          e della struttura interna di quei mondi
        
        
          estremi. La luce delle loro stelle è più che suf-
        
        
          ficiente a penetrare le loro dense atmosfere
        
        
          e a fuoriuscirne arricchita dalle tracce degli
        
        
          elementi di cui sono composte. Attraverso
        
        
          opportuni strumenti quelle tracce possono ri-
        
        
          velare preziose informazioni sull’evoluzione
        
        
          dei pianeti in questione.
        
        
          Dopo aver raccolto dati per circa 5 anni ed
        
        
          essersi aggiunti al team di Pepper numerosi
        
        
          ricercatori, fra i quali Robert Siverd (della
        
        
          Vanderbilt) e Thomas Beatty (della Ohio
        
        
          State), da un oceano di falsi positivi sono
        
        
          emerse due serie di segnali di grande inte-
        
        
          resse, entrambe registrate dal KELT-North,
        
        
          che successive analisi fotometriche, spettro-
        
        
          scopiche e di velocità radiale (compiute da
        
        
          astronomi di Harvard, Swarthmore, Louis-
        
        
          ville e Las Cumbres) hanno attribuito a pia-
        
        
          neti in transito.
        
        
          Il primo, denominato KELT-1b, si trova nella
        
        
          costellazione di Andromeda e orbita attorno
        
        
          a una stella di magnitudine 10,7 e di tipo F
        
        
          (poco più grande e calda del Sole), deno-
        
        
          minata KELT-1, che dista circa 825 anni luce
        
        
          dalla Terra. Dai dati raccolti, i ricercatori
        
        
          hanno dedotto che KELT-1b è un pianeta
        
        
          piuttosto insolito: ha un diametro che supera
        
        
          di poco quello di Giove ma ha una massa che
        
        
          è di oltre 27 volte quella gioviana. Siamo
        
        
          quindi in presenza di un oggetto così denso
        
        
          da essere probabilmente composto di idro-
        
        
          geno metallico. L’idrogeno può presentarsi
        
        
          in quello stato solo in presenza di elevatis-
        
        
          sime pressioni, eventualmente accompa-
        
        
          gnate da basse temperature. Nel caso di
        
        
          KELT-1b fa tutto la pressione generata dal-
        
        
          l’intensa gravità del pianeta, infatti esso or-
        
        
          bita attorno alla sua stella in appena 29 ore,
        
        
          ad una distanza media di solo 3,7 milioni di
        
        
          km, il che implica una temperatura superfi-
        
        
          ciale molto elevata, prossima ai 2200°C. Di
        
        
          fatto KELT-1b riceve dalla sua stella una
        
        
          quantità di calore che è 6000 volte superiore
        
        
          a quella che la Terra riceve dal Sole ed è per-
        
        
          tanto un mondo infernale. Meno dell’1%
        
        
          degli esopianeti ha caratteristiche paragona-
        
        
          bili a quelle di KELT-1b.
        
        
          Vista la notevole massa dell’oggetto, i ricer-
        
        
          catori non escludono che invece di essere un
        
        
          hot jupiter KELT-1b sia in realtà una nana
        
        
          bruna, ossia una stella mancata, un corpo ce-
        
        
          leste che se fosse riuscito a raccogliere ancora
        
        
          un po’ di massa nella nube gassosa in cui si è
        
        
          formato, avrebbe potuto innescare nel suo
        
        
          nucleo le reazioni termonucleari tipiche delle
        
        
          stelle. Visto in quest’ottica, KELT-1b si adatta
        
        
          piuttosto bene al modello standard delle
        
        
          nane brune, dal quale si discosta solo per un
        
        
          eccesso nel diametro, facilmente attribuibile
        
        
          a un complessivo rigonfiamento dovuto alle
        
        
          alte temperature.
        
        
          Brevissima distanza dalla stella e grande
        
        
          massa dell’oggetto (qualunque sia la sua
        
        
          vera natura) devono avere inevitabilmente
        
        
          condizionato gli spin di quel sistema: a causa
        
        
          delle reciproche maree i periodi di rotazione
        
        
          e di rivoluzione dei due corpi sono con ogni
        
        
          probabilità sincronizzati, vale a dire che stella
        
        
          e pianeta si mostrano reciprocamente sem-
        
        
          pre lo stesso emisfero. Le conseguenze di ciò
        
        
          sono un’alterazione dell’attività stellare, ov-
        
        
          vero del suo campo magnetico, e l’instaurarsi
        
        
          di venti furiosi nella rovente atmosfera pla-
        
        
          netaria, scatenati dalle differenze di tempe-
        
        
          ratura fra emisfero esposto alla radiazione
        
        
          stellare ed emisfero in ombra.
        
        
          
            42
          
        
        
          
            
              millimetri
            
          
        
        
          
            
              è il diame-
            
          
        
        
          
            
              tro di questo
            
          
        
        
          
            
              Mamiya 645,
            
          
        
        
          
            
              “promosso” a
            
          
        
        
          
            
              obiettivo telesco-
            
          
        
        
          
            
              pico e impiegato
            
          
        
        
          
            
              nella caccia ai pia-
            
          
        
        
          
            
              neti extrasolari da
            
          
        
        
          
            
              ricercatori della
            
          
        
        
          
            
              Ohio State Uni-
            
          
        
        
          
            
              versity e della
            
          
        
        
          
            
              Vanderbilt Uni-
            
          
        
        
          
            
              versity. Come di-
            
          
        
        
          
            
              mostrano i
            
          
        
        
          
            
              risultati, quella
            
          
        
        
          
            
              misura era già
            
          
        
        
          
            
              sufficiente a sco-
            
          
        
        
          
            
              prire almeno due
            
          
        
        
          
            
              nuovi oggetti.
            
          
        
        
          
            
              [KELT Observa-
            
          
        
        
          
            
              tories]