ASTROBIOLOGIA
ASTROFILO
l’
riori, perché non serve vincere la
velocità di fuga dal pianeta, è suf-
ficiente che il materiale eiettato
arrivi in orbita e per ottenere que-
sto risultato può bastare l’impatto
sul pianeta di un piccolo asteroide,
diciamo di 1-3 km di diametro.
Phobos, che orbita a meno di 10
mila km da Marte, può spazzare il
materiale eiettato con facilità allor-
quando giunge alla sua altezza. Il
satellite impiega infatti poco più di
7 ore e mezza a ruotare attorno al
pianeta e sarebbe in grado di passare più e
più volte nella nube di detriti prima che que-
sta si esaurisca, si disperda o ricada su Marte.
Va da sé che se nel materiale scagliato in or-
bita fossero presenti dei batteri, parte di que-
sti finirebbe per “atterrare” su Phobos.
Forti di questi presupposti, Melosh e i suoi
collaboratori hanno combinato le informa-
zioni disponibili sulla craterizzazione di Mar-
te con simulazioni sulla dinamica orbitale del
mente giganteschi, i pianeti hanno rilasciato
nello spazio interplanetario in epoche più o
meno remote una piccola ma non trascura-
bile quantità di rocce e polveri, destinate a
cadere presto o tardi su altri corpi del si-
stema solare. Si calcola che ogni anno piova
sulla Terra una tonnellata di materiale mar-
ziano. Per un tragitto molto meno impegna-
tivo, come può essere quello Marte-Phobos
sono necessarie energie di gran lunga infe-
I
i team della Purdue University che
ha seriamente rilanciato l’ipotesi
dell’esistenza di vita marziana su
Phobos. Da sinistra: Kathleen Howell,
Jay Melosh, Loic Chappaz e Mar Va-
quero. [Purdue Univ./Mark Simons]
A
destra vedia-
mo il risul-
tato delle elabo-
razioni avviate
alla Purdue Uni-
versity, con parti-
colare riferimento
alla dispersione
delle polveri mar-
ziane lanciate in
orbita dall’im-
patto che formò
il Mojave Crater.
La densità cresce
dal blu a rosso. Si
nota con facilità
come la nube
abbia interessato
quasi la metà
dell’orbita di Pho-
bos e più margi-
nalmente quella
di Deimos. [Loic
Chappaz et al.]