PLANETOLOGIA
        
        
          ASTROFILO
        
        
          
            l’
          
        
        
          sulla base delle variazioni di velocità radiale
        
        
          riscontrate. Ma solitamente l’orbita ha un’in-
        
        
          clinazione sensibilmente diversa da 0° (mo-
        
        
          tivo per cui non ci sono transiti sul disco stel-
        
        
          lare) e il medesimo effetto prodotto dalla
        
        
          ipotetica massa minima può essere prodotto
        
        
          da pianeti tanto più massicci quanto più
        
        
          elevata è l’inclinazione dell’orbita rispetto
        
        
          alla linea visuale. Facciamo un esempio chia-
        
        
          rificatore: un pianeta piccolo come Mercurio,
        
        
          posto su un’orbita inclinata di circa 0° at-
        
        
          torno a una qualunque stella, provocherebbe
        
        
          sulla velocità radiale di quest’ultima varia-
        
        
          zioni più significative di quelle dovute a un
        
        
          pianeta grande come Giove posto su un’or-
        
        
          bita inclinata di quasi 90°.
        
        
          L’inclinazione orbitale è dunque un parame-
        
        
          tro fondamentale, dal quale non si può pre-
        
        
          scindere volendo conoscere il valore delle
        
        
          masse degli esopianeti non transitanti e,
        
        
          come già accennato più sopra, per conoscere
        
        
          quel parametro è indispensabile osservare i
        
        
          pianeti direttamente e per almeno un ampio
        
        
          tratto della loro orbita.
        
        
          Le due cose sembrano inconciliabili, perché
        
        
          se un pianeta è abbastanza lontano dalla sua
        
        
          stella da risultare visibile all’osservazione di-
        
        
          retta di un potente telescopio, significa che
        
        
          percorre un’orbita talmente ampia
        
        
          che il solo osservarne un tratto si-
        
        
          gnificativo può richiedere decenni.
        
        
          L’inclinazione orbitale può dunque
        
        
          essere determinata in tempi ragio-
        
        
          nevoli solo per pianeti la cui luce
        
        
          (riflessa) si perde nell’accecante ful-
        
        
          gore delle loro stelle. È un po’ come
        
        
          cercare l’acqua dolce riversata da
        
        
          un temporale in un oceano!
        
        
          Quell’impresa apparentemente im-
        
        
          possibile è invece riuscita ad alcuni
        
        
          astronomi (fra i quali Matteo Brogi,
        
        
          del Leiden Observatory, Olanda),
        
        
          che hanno tentato con successo di
        
        
          estrarre il segnale luminoso del pia-
        
        
          neta Tau Boötis b da quello della
        
        
          sua stella, Tau Boötis, astro di ma-
        
        
          gnitudine 4,5 (quindi facilmente vi-
        
        
          sibile a occhio nudo), 1,46 volte più
        
        
          grande del Sole.
        
        
          Tau Boötis b fu uno dei primi pia-
        
        
          neti extrasolari ad essere scoperto
        
        
          (era il 1996) ed è tuttora uno dei più
        
        
          vicini, distando con la sua stella 51
        
        
          anni luce dalla Terra. Di quell’og-
        
        
          getto invisibile si sapeva che il suo
        
        
          “anno” durava poco più di 3 giorni
        
        
          e che era quasi certamente un gi-
        
        
          gante gassoso del tipo hot Jupiter,
        
        
          ossia simile a Giove ma più caldo
        
        
          per via della particolare vicinanza al
        
        
          proprio sole. Riuscendo a spostare
        
        
          Tau Boötis fino a un massimo di
        
        
          circa 470 metri al secondo, per Tau
        
        
          Boötis b era stata proposta una
        
        
          massa minima di circa 4 masse gio-
        
        
          viane. Nel 2011 Brogi e colleghi