quella presente
sulla Terra, con
tutto ciò che con-
segue dal punto
di vista astrobio-
logico. L'ottimi-
smo profuso da
quest'ultimo la-
voro è pressoché
svanito a metà di-
cembre, quando
su
Astrobiology
Magazine
è stata
data notizia dei
risultati di una serie di simu-
lazioni al computer prodot-
te da due ricercatori della
University of Washington, Ro-
drigo Luger e Rory Barnes,
che sembrano mettere una
pietra tombale sull'abitabilità
dei pianeti delle nane rosse. I
due della UW hanno posto
l'accento su un aspetto finora
piuttosto trascurato, quello
del tempo necessario a una
nana rossa per diventare stel-
la a tutti gli effetti (ovvero
per entrare nella cosiddetta
“sequenza principale”), dopo
aver attraversato le tumul-
tuose fasi della sua lunga in-
fanzia. Tale tempistica è cru-
ciale ai fini dell'abitabilità dei pianeti, per-
ché mentre a questi ultimi necessitano da al-
cuni milioni ad alcune decine di milioni di
anni per completare la loro formazione, alle
nane rosse servono centinaia di milioni di
anni, e al termine di quella fase risultano da
10 a 100 volte più luminose e quindi più
calde di quanto non saranno dopo l'ingresso
nella sequenza principale. Pertanto, i pia-
neti che in un secondo tempo risulteranno
orbitare nella zona abitabile, rimangono
esposti per un lunghissimo periodo a un
flusso di calore sufficiente a innalzare la
temperatura atmosferica a centinaia o addi-
rittura migliaia di gradi centigradi, con con-
seguente totale evaporazione di eventuali
oceani presenti in superficie. A quel punto
è inevitabile l'instaurarsi un effetto serra
globale, capace di spingere la pressione at-
ASTROFILO
l’
mosferica verso valori centinaia o migliaia di
volte superiori a quelli terrestri. Vengono in-
somma a formarsi condizioni ambientali più
simili a quelle di Venere che non a quelle del
nostro pianeta.
Ma non è tutto, infatti una considerevole
frazione dell'energia emessa dalle nane
rosse è sotto forma di raggi X e UV, una ra-
diazione che ha un effetto devastante sulle
molecole d'acqua che si spingono più in alto
nelle atmosfere dei pianeti posti a breve di-
stanza dalla sorgente. Le molecole si spac-
cano liberando gli atomi di idrogeno e ossi-
geno, i quali, alle alte temperature cui sono
sottoposti tendono a raggiungere la velo-
cità di fuga e dunque a disperdersi nello
spazio. Dal momento che ciò avviene con
maggiore frequenza per il più leggero idro-
geno, le atmosfere finiscono con l'essere
dominate dall'ossigeno molecolare (O
2
) e
per quanto questo elemento sia utile alla
vita, quando è troppo diviene dannoso.
Potendo analizzare direttamente le atmo-
sfere di quei pianeti (cosa fattibile entro
pochi anni) si avrebbe l'illusione della pre-
senza di vita, essendo l'ossigeno uno dei
suoi possibili elementi rivelatori. Il rischio è
quello di perdere molto tempo in indagini
più approfondite, che darebbero invariabil-
mente esiti negativi. In conclusione, la ri-
cerca di vita extraterrestre attorno alle nane
rosse è sì vantaggiosa per le tecnologie at-
tualmente disponibili, ma ci sono elevate
probabilità che non porti a nulla, nel senso
che all'interno delle zone abitabili di quelle
stelle potrebbero esistere unicamente pia-
neti resi per sempre invivibili dalle tumul-
tuose infanzie delle loro stelle.
n