l'Astrofilo maggio 2012 - page 22

PLANETOLOGIA
ASTROFILO
l’
Le uniche cose che sembravano degne di
attenzione erano delle zone ad alta riflet-
tività individuate via radar in corrispon-
denza dei poli, probabilmente all’interno
di crateri dal fondo perennemente in
ombra, interpretate come possibili giaci-
menti di ghiaccio. Questa eventualità, per
certi versi fine a sé stessa, è stata une delle
motivazioni che hanno spinto la NASA a
realizzare la peraltro sottovalutata mis-
sione MESSENGER, divenuta realtà forse
solo per un costo complessivo relativa-
mente basso (meno di 450 milioni di dollari).
A dispetto dell’orbita polare della sonda e
delle oltre 100mila immagini della superficie
del pianeta prese finora, le presunte riserve
di ghiaccio ai poli non sono state ancora
confermate, e ciò a causa del buio fitto che
le avvolge. In compenso la missione ha rag-
giunto risultati insperati grazie ai vari rile-
vamenti di tipo geologico, geofisico, geo-
chimico e geomagnetico, che hanno eviden-
ziato con certezza come l’interno di Mercu-
rio sia rimasto attivo molto più a lungo di
quanto creduto fino a pochi mesi fa.
Dal momento che l’attività interna si riper-
cuote inevitabilmente in superficie, nei
precisi rilievi topografici eseguiti con il
Mercury Laser Altimeter (MLA) della MES-
SENGER (in particolare nell’emisfero nord)
dovevano esserci tracce evidenti di quel-
l’attività, che se opportunamente interpre-
tate avrebbero fornito un quadro preciso
della struttura interna del piccolo pianeta.
L’attenzione dei numerosi team di ricerca-
tori impegnati nell’analisi dei dati (che
hanno prodotto una sessantina di lavori,
principalmente coordinati da Massachu-
setts Institute of Technology, Carnegie In-
stitution, Johns Hopkins University e
NASA’s Goddard Space Flight Center) si è
presto soffermata su tre situazioni partico-
larmente interessanti. La prima: su Mercu-
rio vi sono numerosi crateri da impatto il
cui pavimento (il fondo più o meno piatto
interno al bordo) risulta essersi inclinato,
cosa che indica movimenti subsuperficiali
dei terreni, avvenuti anche molto tempo
dopo la formazione dei crateri stessi. La se-
conda: il bacino da impatto Caloris, il più
grande presente sul pianeta, con i suoi 1550
km di diametro, ha una consistente percen-
tuale del suo pavimento che si trova alla
stessa altezza (e in parte al di sopra) del
bordo, una peculiarità che risulta interessare
anche aree esterne a Caloris, per un’esten-
sione che giunge approssimativamente a
comprendere la metà della circonferenza a
medie latitudini. Anche in questo caso i ri-
cercatori ritengono che il fenomeno sia
stato originato da ben più rilevanti movi-
menti di masse subsuperficiali in epoche evi-
dentemente non primordiali, considerando
che Caloris si è formato fra 3,8 e 3,9 miliardi
di anni fa, in pieno Late Heavy Bombard-
ment. La terza: un’area pianeggiante ap-
prossimativamente centrata sul polo nord e
circondata da vasti territori di origine vulca-
M
osaico di una
parte della
superficie di Mer-
curio realizzata
con immagini rac-
colte con la Wide
Angle Camera
(WAC) del Mer-
cury Dual Imaging
System (MDIS) a
bordo della sonda
MESSENGER, du-
rante il flyby del 6
ottobre 2008. Pro-
cedendo da sini-
stra verso destra
ci si allontana dal
terminatore e i
contrasti diven-
tano pertanto più
delicati. Le tona-
lità blu corrispon-
dono a terreni più
vecchi e a bassa
albedo; tonalità
gialle e rosse indi-
cano terreni espo-
sti più di recente
agli agenti dello
spazio interplane-
tario.[NASA/Johns
Hopkins Univ. Ap-
plied Physics La-
boratory, Arizona
State University,
Carnegie Institute
of Washington]
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