MARTE
ASTROFILO
l’
essere quell'ostacolo se
non altra acqua? Sulla
Terra esistono nume-
rosi riscontri a quel ti-
po di struttura e si trat-
ta sempre di delta flu-
viali che terminano in
mare. Non è una “pisto-
la fumante” ma ci va
molto vicino.
La stessa cosa vale per
la più recente di tutte
le scoperte legate a Va-
stitas Borealis, realiz-
zata da Lorena Moscar-
delli, della University of
Texas, e pubblicata in
febbraio dalla Geologi-
cal Society of America. Più che di una sco-
perta si tratta di una reinterpretazione di un
fenomeno noto e riguarda una gran quan-
tità di massi, con dimensioni superiori al
metro, che appaiono sparpagliati in vaste
aree del presunto fondale oceanico, soprat-
tutto in prospicienza della linea costiera. Se-
condo astronomi e geologi, l'origine di quei
massi sarebbe connessa all'impatto di me-
teoriti di taglia rilevante, in pratica si trat-
terebbe di materiale scagliato via dalla
formazione di crateri, un'interpretazione
forse accettabile per i massi prossimi ai luo-
ghi degli impatti, ma non certo per quelli
A
sinistra, un’
area della su-
perficie marziana
disseminata di
massi con dimen-
sioni superiori al
metro. Qui siamo
in Arcadia Plani-
tia, una delle re-
gioni a bassa ele-
vazione che com-
pongono Vastitas
Borealis. Quei
massi rappresen-
tano una delle ar-
gomentazioni più
solide a favore
della teoria del
grande oceano
marziano [NASA,
L. Moscardelli]
Nell’immagine in
basso (ottenuta
con l’High Reso-
lution Imaging
Science Experi-
ment del Mars
Reconnaissance
Orbiter), si no-
tano delle strut-
ture a catena
formate dal roto-
lamento di corpi
solidi su una su-
perficie apparen-
temente fangosa.
Gli oggetti re-
sponsabili delle
insolite tracce
sono riconoscibili
al termine delle
tracce stesse. Il
senso del rotola-
mento è eviden-
temente da de-
stra verso sini-
stra. [NASA]
a cominciare da una scoperta quasi decisiva
presentata la scorsa estate sul
Journal of
Geophysical Research
. Alla base della sco-
perta, lo studio da parte di un team di ricer-
catori del California Institute of Technology
(coordinato da Roman DiBiase) di una strut-
tura a delta, ampia circa 100 km
2
, posta esat-
tamente su un tratto perimetrale della
Vastitas Borealis. Dallo studio emerge chia-
ramente che non può trattarsi di un delta al-
luvionale, simile a quelli già scoperti sui
pendii interni dei crateri da impatto. I dati
altimetrici indicano infatti che lo scorri-
mento dell'acqua al suo interno procedeva
non dalle ramificazioni verso
il corso principale, bensì in
senso opposto, con il corso
principale che arrivato a un
certo punto si apriva disper-
dendosi in una complessa
struttura a ventaglio, che ap-
pare interrompersi brusca-
mente proprio sulla linea del-
la presunta costa.
Ancora più interessante è il
fatto che i depositi di massi,
ciottoli e ghiaia nei greti della
ramificazione sono più elevati
proprio sul confine con Vasti-
tas Borealis, come se qualcosa
avesse ostacolato il defluire
delle acque, provocando l'ac-
cumulo del pietrame da essa
trasportato. Che cosa poteva